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Europa umiliata dagli Usa, Francia in rivolta: il G7 salta su Kiev

- di: Marta Giannoni
 
Europa umiliata dagli Usa, Francia in rivolta: il G7 salta su Kiev
Trump impone il silenzio sull’Ucraina, Macron sfida Washington. Meloni e Merz temporeggiano, Zelensky resta solo.

Un G7 sotto dettatura americana
Non è un G7, è un ultimatum. A Kananaskis, nel cuore delle montagne canadesi, il vertice delle sette grandi democrazie si apre con un segnale inequivocabile: gli Stati Uniti di Donald Trump hanno imposto il silenzio sull’Ucraina. Nessun comunicato finale. Nessuna parola comune sulla guerra. Nessuna condanna dell’aggressione russa.
Il presidente americano ha bloccato ogni riferimento a Kiev, costringendo gli alleati ad accettare un compromesso al ribasso: una serie di dichiarazioni tecniche separate su temi “neutri” – intelligenza artificiale, incendi, immigrazione.
È la plastica rappresentazione del nuovo ordine trumpiano: un’America che non guida più, ma comanda. E che divide per dominare.
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Macron rompe: “Serve una risposta europea”
Emmanuel Macron è l’unico leader che ha scelto apertamente lo scontro. “Non possiamo restare in silenzio di fronte all’invasione dell’Ucraina”, ha detto prima di partire da Parigi. Per dare un segnale politico, ha inserito nel suo itinerario una visita in Groenlandia, terra che Trump tentò di “acquisire” nel 2019: un gesto simbolico per affermare che “l’Europa non si compra”.
Fonti francesi confermano che Macron è intenzionato a portare avanti una dichiarazione separata firmata dai sei Paesi europei e dal Giappone. “Non ci sarà un G7 vero finché uno solo detta la linea”, ha confidato un suo consigliere a Le Monde.
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Meloni e Merz giocano in difesa
Di fronte allo strappo americano, Italia e Germania restano prudenti. Giorgia Meloni evita lo scontro diretto con la Casa Bianca. Il nuovo cancelliere tedesco Friedrich Merz, eletto pochi mesi fa, predica cautela: “L’unità transatlantica va preservata”, ha detto all’arrivo a Ottawa.
Ma dentro le rispettive capitali il disagio cresce. A Berlino i Verdi e i Liberali chiedono a gran voce una linea più dura contro Trump: “L’Ucraina non è negoziabile”, ha detto la ministra degli Esteri Annalena Baerbock. In Italia, Antonio Tajani si dice “deluso” per l’assenza di ogni menzione a Kiev nel comunicato.
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Zelensky ignorato, la solitudine di Kiev
Nel frattempo, Volodymyr Zelensky arriva in Canada con un piano di pace aggiornato, frutto delle consultazioni con Ankara, Varsavia e Bruxelles. Ma l’accoglienza è glaciale. Nessun incontro bilaterale con Trump. Nessun segnale pubblico di sostegno.
“La Casa Bianca non ha voluto nemmeno discutere una foto ufficiale”, rivela una fonte diplomatica europea (Washington Post).  Eppure Zelensky chiede solo una cosa: che non si spenga la voce dell’Occidente. “Se il G7 non parla di noi, Mosca interpreterà il silenzio come complicità”, avrebbe detto ieri ai suoi consiglieri (Kyiv Independent).
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Il dossier petrolio: ancora veto Usa
Sul tavolo c’è anche il piano Ue per abbassare il tetto al prezzo del petrolio russo da 60 a 45 dollari. Ma ancora una volta è Washington a frenare. Il dipartimento del Tesoro americano teme ripercussioni sui mercati e sul prezzo interno della benzina, tema centrale per la campagna elettorale di Trump.
“Possiamo procedere anche senza gli Stati Uniti”, dicono da Bruxelles. Ma senza l’ombrello del dollaro e delle sanzioni Usa, la misura rischia di perdere efficacia. “È come costruire un muro con metà dei mattoni”, commenta un funzionario europeo coinvolto nel negoziato.
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Nato nel caos, Mosca sorride
Il gelo di Kananaskis prefigura uno scenario ancora più cupo in vista del vertice Nato de L’Aja, il 24 e 25 giugno. Anche lì, la linea Trump sarà dominante: nessun nuovo impegno sull’Ucraina, nessun ampliamento del sostegno logistico.
“Putin ha ottenuto con Trump ciò che non ha mai conquistato sul campo: la divisione dell’Occidente”, ha dichiarato un alto diplomatico lituano a Der Spiegel.
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L’Europa davanti allo specchio
Il G7 è diventato un test di sopravvivenza per l’Europa. Non basta più invocare l’unità atlantica se la Casa Bianca nega l’evidenza. Con Macron che chiama alla ribellione, Meloni e Merz che temporeggiano, e Trump che cancella l’Ucraina come fosse un fastidio, l’Europa rischia di trovarsi complice di un silenzio colpevole.
È il momento delle scelte. L’illusione che Trump possa essere “contenuto” è finita. L’Europa deve decidere se subire o reagire. E la reazione, oggi, ha un nome: autonomia strategica. Non più una formula vuota, ma un’urgenza storica.

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