È scontro aperto nelle istituzioni europee sulla decisione della Commissione di ritirare la direttiva Green Claim, pensata per regolare l’uso delle dichiarazioni ambientali da parte delle imprese e per combattere il fenomeno del greenwashing. A insorgere sono i gruppi parlamentari di Renew Europe e dei Socialisti e Democratici, che hanno scritto una lettera alla presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola, chiedendo che la questione venga sollevata formalmente al Consiglio europeo in programma per domani.
Green Claim, scontro in Europa: Renew e Socialisti contro la Commissione
Le due forze politiche, attraverso i capigruppo Valérie Hayer e Iratxe García Pérez, esprimono “profonda preoccupazione” per quello che definiscono un passo indietro senza precedenti da parte dell’esecutivo comunitario. Il ritiro della proposta, già approvata dal Parlamento in prima lettura, viene giudicato come una violazione delle regole istituzionali e un affronto al principio di co-decisione che regola i rapporti tra le istituzioni dell’Unione.
Una misura simbolo del Green Deal messa da parte
La direttiva Green Claim era una delle misure più attese del pacchetto Green Deal. L’obiettivo principale era mettere ordine nel dilagante uso di etichette ecologiche e dichiarazioni ambientali non verificabili da parte di aziende e marchi, spesso prive di fondamento scientifico o di controllo terzo. In altre parole, una normativa pensata per contrastare il greenwashing e restituire credibilità alla transizione ecologica nel mercato interno.
Il ritiro della proposta da parte della Commissione, giunto a sorpresa e senza un passaggio parlamentare formale, ha sollevato interrogativi non solo politici ma anche giuridici. “La decisione viola le procedure istituzionali comunitarie”, scrivono i capigruppo, accusando Bruxelles di aver agito unilateralmente in un campo dove il coinvolgimento del Parlamento è obbligatorio.
La reazione degli eurodeputati: un pericoloso precedente
L’episodio rischia di creare un precedente pericoloso nei rapporti interistituzionali, soprattutto in un’Unione dove l’equilibrio tra Commissione, Parlamento e Consiglio è sempre più sotto pressione. Per Renew e Socialisti, la scelta della Commissione dimostra un atteggiamento regressivo rispetto alle priorità ambientali, ma anche un’inquietante disinvoltura nel bypassare i meccanismi democratici.
In particolare, i firmatari della lettera temono che la decisione apra la porta a un progressivo svuotamento dell’agenda verde europea, proprio nel momento in cui le forze negazioniste e populiste guadagnano consensi nei diversi Paesi membri. Non si tratta solo di un atto tecnico, ma di un messaggio politico: l’Unione europea sta facendo marcia indietro sulla sostenibilità.
Pressioni industriali e mutato clima politico
Tra le motivazioni non dichiarate, ma ampiamente sospettate, ci sono le forti pressioni esercitate da alcuni settori industriali che temono costi e vincoli aggiuntivi nel processo di certificazione ambientale. Inoltre, il clima politico mutato dopo le elezioni europee, che ha visto un rafforzamento dei partiti conservatori e un arretramento delle forze ecologiste, ha probabilmente contribuito a indebolire il fronte favorevole alla regolamentazione.
La stessa Commissione, già in bilico in vista del rinnovo del suo mandato, sembra aver scelto un profilo più cauto, rinunciando a una battaglia che prometteva di essere controversa. Ma proprio questa scelta viene ora duramente contestata come un segnale di debolezza e di scarsa coerenza rispetto agli impegni assunti con il Green Deal.
La richiesta a Metsola: riportare il caso al Consiglio
Con la lettera inviata a Metsola, Renew e S&D chiedono che il caso venga discusso pubblicamente al Consiglio europeo, riportando così l’attenzione politica sulla centralità delle questioni ambientali. Si tratta di un tentativo di rilanciare l’iniziativa legislativa attraverso un dibattito intergovernativo, che potrebbe rimettere in moto il processo decisionale o almeno forzare la Commissione a motivare formalmente la propria scelta.
Il Parlamento europeo si trova così al centro di una battaglia che è insieme istituzionale e politica. Da un lato, c’è la difesa delle prerogative legislative dell’assemblea eletta dai cittadini; dall’altro, la volontà di non retrocedere su uno dei pochi temi capaci di aggregare consenso trasversale: la lotta ai cambiamenti climatici e la trasparenza per i consumatori.