Alle 19 di questa sera si alzerà la prima fumata dal camino della Cappella Sistina. Potrebbe essere bianca, ma è più probabile che sia nera. I cardinali sono entrati nel Conclave dopo giorni di riunioni intense, le Congregazioni generali, in cui hanno discusso non solo della guida futura della Chiesa, ma anche del volto che essa dovrà assumere di fronte a un mondo spezzato. Non è solo una questione di spiritualità: sul tavolo, durante gli incontri a porte chiuse, sono arrivati i temi della guerra in Medio Oriente, del conflitto in Ucraina, della crisi climatica e del peso degli scandali legati agli abusi.
Fumata sul mondo: il Conclave inizia sotto il segno della guerra
In piazza San Pietro c’è silenzio e attesa, ma anche tensione. È da qui che è partito l’appello di un gruppo di cardinali rimasti fuori dal Conclave, ma vicini ai temi caldi che attraversano la Chiesa. "Abbiamo bisogno di un Papa capace di costruire una pace lunga e duratura", si legge nella dichiarazione consegnata alla stampa. Parole che sembrano scolpite su quello che accade oggi: mentre l’India bombarda il Pakistan, Gaza brucia, l’Ucraina si lacera, e una nuova generazione guarda al Vaticano chiedendo senso, non solo fede.
I gesti che pesano
Il primo segno forte è arrivato ieri: è stato annullato il tradizionale Anello del Pescatore, simbolo del pontificato, quello che viene distrutto alla morte del Papa. Ma stavolta non c’è stata morte. Il gesto – anticipato con discrezione e spiegato solo in parte – porta con sé un messaggio di rottura. Francesco ha scelto di lasciare senza lasciare, costringendo la Chiesa a guardarsi dentro mentre il mondo intorno implode. Anche i "sigilli" papali sono stati rotti, ulteriore indizio che siamo davanti a una transizione anomala, non solo spirituale ma anche politica.
Chi sale, chi scende
Tra i nomi più discussi dentro la Sistina ci sono quelli di cardinali noti per le loro posizioni sul cambiamento climatico, sull’inclusione delle donne, sul ruolo dei laici. Ma anche figure provenienti dalle aree più in tensione del mondo: dall’Africa, dall’Asia, dall’America Latina. Non è solo una partita di equilibri interni: è un gioco in cui pesano la geopolitica, le crisi e la capacità di tenere insieme la tradizione con una domanda sempre più urgente di trasformazione.
Un conclave tra le bombe
Quello che sta accadendo nelle stesse ore, fuori dai muri del Vaticano, rende ogni gesto ancora più carico. Le notizie che filtrano su quanto discusso nelle Congregazioni generali rivelano che si è parlato apertamente del dramma delle guerre in corso, degli abusi ancora non sanati, delle richieste di verità da parte delle vittime. Temi che non sono più un’ombra alle spalle del trono di Pietro, ma il cuore stesso della sfida.
Il futuro è nel fumo
Per questo ogni sguardo è rivolto al camino. Perché da quella colonna di fumo non dipende solo il nome di un uomo, ma la direzione di un’istituzione che conta oltre un miliardo di fedeli, influenza diplomatica, e un potere simbolico che pochi altri attori internazionali possiedono. In un tempo in cui le guerre si moltiplicano e le risposte si fanno più deboli, la fumata di stasera è anche un messaggio: sarà bianca o nera, ma dentro c’è il peso del mondo.