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Italian brainrot, il meme che sta facendo soldi: perché Google e i social lo spingono

- di: Alberto Venturi
 
Italian brainrot, il meme che sta facendo soldi: perché Google e i social lo spingono

Italian brainrot non è più soltanto una battuta nata sui social. In poche settimane il termine è entrato tra le ricerche in crescita su Google, trasformandosi in un fenomeno digitale con impatti economici misurabili. Quello che sembrava un linguaggio ironico e senza senso sta diventando un caso di studio su come l’attenzione online possa essere convertita in traffico, visibilità e denaro.

Italian brainrot, il meme che sta facendo soldi: perché Google e i social lo spingono

Il passaggio chiave è stato lo spostamento dal social al motore di ricerca. Quando un meme diventa oggetto di ricerche su Google, cambia natura. Gli utenti non si limitano più a guardarlo, ma cercano spiegazioni, analisi, contesto. È in quel momento che il fenomeno diventa interessante anche per editori, inserzionisti e piattaforme. Italian brainrot oggi intercetta proprio questa fase, con un volume di query in aumento e una concorrenza ancora relativamente bassa.

Dal punto di vista economico, il valore del fenomeno sta nella sua capacità di generare attenzione continua. I contenuti brainrot funzionano perché trattengono l’utente per pochi secondi, ma in modo ripetitivo e quasi compulsivo. Questo meccanismo aumenta il tempo di permanenza sulle piattaforme e alimenta gli algoritmi, che a loro volta spingono ulteriormente questi contenuti. È il cuore dell’economia dell’attenzione: più engagement significa più valore pubblicitario.

I primi a monetizzare sono i creator. Profili nati senza una strategia commerciale precisa iniziano a registrare numeri rilevanti, aprendo canali di guadagno attraverso visualizzazioni, collaborazioni e contenuti sponsorizzati. In molti casi il brainrot non è il prodotto finale, ma uno strumento per attirare pubblico e poi indirizzarlo verso altre forme di monetizzazione, dal merchandising ai servizi digitali.

Anche i brand stanno osservando il fenomeno con interesse crescente. Il linguaggio del brainrot è volutamente anti-pubblicitario, caotico, spesso surreale. Proprio per questo risulta efficace su un pubblico giovane e iper-esposto alla comunicazione tradizionale. Inserirsi in questo flusso consente alle aziende di ottenere visibilità con costi più bassi e con un livello di autenticità percepita più alto rispetto alle campagne classiche.

C’è poi un effetto diretto sul lavoro digitale. Montatori video, sound editor, social media manager specializzati in contenuti virali trovano nuove opportunità in una micro-economia che si basa sulla produzione rapida e seriale di contenuti ad alta rotazione. Figure professionali che fino a pochi anni fa erano marginali diventano centrali in un ecosistema sempre più orientato all’engagement.

Il fenomeno ha un impatto anche sulle piattaforme stesse. Contenuti come l’Italian brainrot aumentano le metriche chiave su cui si fonda la raccolta pubblicitaria: tempo di visualizzazione, interazioni, frequenza di ritorno. Questo spiega perché gli algoritmi tendano a premiarli, indipendentemente dal loro valore culturale. Non è una scelta editoriale, ma economica.

Non mancano le critiche. Alcuni osservatori parlano di saturazione cognitiva e di un modello che monetizza la distrazione continua. Ma anche questa narrazione contribuisce alla visibilità del fenomeno, alimentando ulteriori ricerche e discussioni. Nel sistema attuale, perfino la critica diventa parte del ciclo economico.

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