LGIM: "La crisi del gas durerà ancora a lungo"

- di: Daniele Minuti
 
La situazione legata al prezzo del gas naturale continua a peggiorare, con gli aumenti che proseguono a pesare sulle tasche dei consumatori e che hanno effetti a catena sull'intero ecosistema economico mondiale. Le cause sono molteplici (dal clima, alla pandemia, passando per il rallentamento delle trivellazioni, l'Opec e il calo della produzione). Nick Stansbury, Head of Climate Solutions di LGIM (nella foto), ha analizzato le prospettive future a riguardi. 

Nick Stansbury, Head of Climate Solutions di LGIM, ha commentato la situazione relativa alla crisi del gas

Stansbury esordisce spigando che la responsabilità di questa crisi sia causata da investimenti insufficienti negli anni, che hanno portato a un'offerta per la produzione di energia di lungo periodo a livello mondiale di livello troppo basso (gli effetti dell'inflazione e della contrazione dei redditi si captano in Europa e Asia)

Quindi, come conciliare la necessità di aumentare gli investimenti con gli obiettivi climatici sottoscritti? "L’incertezza che si è diffusa" - spiega Stansbury - "porterà gli investimenti interni a restare su livelli bassi, soprattutto in Europa, e questo farà aumentare le possibilità di carenze di gas prolungate nel tempo. Negli Stati Uniti, questo dovrebbe tradursi in un supporto ai costi dell’energia da parte del governo, dato che si sta andando verso una generale omologazione dei mercati energetici. La spinta verso una parità dei prezzi in questi mercati sta iniziando ad essere maggiormente percepita: se si moltiplicasse il prezzo unitario del gas per sei, si otterrebbe il prezzo di un barile di greggio; e considerando che il prezzo del gas negli States è di 4 dollari, si otterrebbe che il petrolio costa 24 dollari. Poiché questa risorsa oggi costa molto di più, è facile intuire che in questo mercato il gas ha un costo molto basso. Asia ed Europa pagano un prezzo per che è nettamente superiore ai 150 dollari al barile del petrolio, il quale in un mese è arrivato a costare anche 250 dollari nel mercato a termine e 300 dollari nel mercato a pronti. Questa impennata è stata avvertita principalmente dall’industria, ma ora inizia ad avere ripercussioni anche sui consumatori".

La "colpa" della crisi viene portata in Europa quindi, a causa di bassi investimenti (o comunque sbagliati) abbinati a una demonizzazione della produzione propria che non ha soddisfatto la domanda interna e che ha portato a una dipendenza dalle produzioni esterne che durerà almeno fino al 2030. La situazione quindi durerà ancora a lungo e l'Europa (prima) e l'Asia dovranno affrontare lunghi periodi di carenza, con i rispettivi mercati pronti ad andare in competizione in una sfida che si concentrerà sul mercato spot del gas naturale liquefatto.

Quindi che futuro c'è da aspettarsi? Stansbury risponde: "Tuttavia, nel lungo periodo, anche gli Stati Uniti dovrebbero riuscire a migliorare questo ultimo aspetto e a ridurre il gap tra i prezzi del mercato locale del gas e quelli degli altri paesi; processo che si era interrotto nei primi anni 2000 con la rivoluzione dello scisto. La domanda di gas e l’obiettivo di mantenere il surriscaldamento sotto gli 1,5° I nostri studi suggeriscono che il gas naturale è una risorsa in linea con l’obiettivo di tenere l’innalzamento delle temperature sotto i 2°, ma non è una via percorribile per stare sotto gli 1,5° e se gli obiettivi globali saranno sempre più propensi alle zero emissioni nette, allora il mondo dovrà imparare a farne a meno. Come dimostrato anche dal grafico sottostante, per raggiungere l’obiettivo degli 1,5° il margine di energia prodotto tramite gas deve essere estremamente ridotto. I policymaker continueranno comunque a spingere per politiche di zero emissioni nette, che rendono estremamente improbabile un’ulteriore espansione della domanda di gas. Al contrario, dovrebbe ridursi a partire dal 2030. Tuttavia, oggi domanda e offerta semplicemente non coincidono e questo crea incertezza".
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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