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Mercato immobiliare, segnali incoraggianti: il 2020 si è chiuso meglio delle previsioni

- di: Giuseppe Castellini
 
Mercato immobiliare, segnali incoraggianti: il 2020 si è chiuso meglio delle previsioni
“Il 2020 si è chiuso meglio delle previsioni, ma dobbiamo ancora capire se qualche nodo verrà al pettine nei prossimi mesi. Per questo restiamo prudenti sulla possibilità di future ricadute”.

Così l’Amministratore delegato di Nomisma, Luca Dondi dall'Orologio (nella foto), commenta quanto emerge dal 1° Osservatorio sul Mercato Immobiliare 2021, realizzato dall’Istituto. In sintesi il settore immobiliare, nel 2020, ha contenuto il calo previsto a causa della pandemia, anche al di là delle più rosee aspettative. Questo è avvenuto grazie al dinamismo registrato nei mercati secondari, alla fiducia degli operatori e degli istituti di credito e, non ultimo, al retaggio di solidità che il settore restituisce alle famiglie italiane anche in tempo di crisi.

“Le previsioni del Fondo Monetario stimavano per il mondo, travolto dalla pandemia, un segno negativo del Pil di -4,4%, ma il calo si è fermato a -3,4%. Per l’Italia era previsto addirittura un -10,6%, ma il Paese ha registrato un -8,9%, grazie alla manifattura che, a partire dalla fine del 2020, ha reagito meglio rispetto a quanto ci si potesse aspettare. Un segnale confortante e positivo che si riflette nelle aspettative future”
, afferma Lucio Poma, Capo economista di Nomisma. Un segnale confortante e positivo che si riflette nelle aspettative future.

Se in tutto il mondo la Cina è l’unico Paese che chiude in positivo (+2,3%), la previsione sul 2021 restituisce un dato europeo molto stimolante per gli operatori: per l’Italia si prevede un +4,1%, dato migliore rispetto alla Germania (+3%), il nostro competitor sui principali mercati. “E questo - si evidenzia nel Rapporto - non accadeva da diversi anni”.

Il secondo aspetto che il Rapporto mette in evidenza è la decisa inversione delle aspettative:“L’andamento dei prezzi delle materie prime – petrolio e rame in primis – dopo una fase inizialmente negativa e poi di attesa, compresa fra giugno e novembre 2020, sta tornando ai livelli pre-Covid. Se il petrolio ha nuovamente prezzi così alti, significa che le imprese sono ripartite. E se il rame ha raggiunto i livelli del 2012, vuol dire che la manifattura nel mondo ha reagito. L’andamento dell’oro è la cartina al tornasole: tanto più insiste la crisi, tanto più la gente investe nel bene rifugio per eccellenza. Per questo il valore dell’oro, dopo il picco record raggiunto nell’agosto del 2020, con oltre 2000 dollari, ha iniziato la discesa. Questo significa che le persone hanno ricominciato a investire, a rischiare”.

Anche la Borsa registra questo clima positivo di fiducia: continua l’ascesa del Dow Jones, dopo la grande caduta del febbraio 2020, che oggi oltrepassa il livello pre pandemia, e recupera il Mib italiano. Sono invece ancora preoccupanti, e non poteva essere diversamente, i dati sull’occupazione in Italia: il 2020 chiude con un saldo negativo di -444 mila unità, pari al -1,9% sull’anno.

La “K” delle diseguaglianze

Il Rapporto esamina inoltre la fase di uscita dalla crisi generata dalla pandemia, nella quale si assiste a un rimbalzo non univoco, esemplificato da un grafico a forma di lettera K: una parte del Paese, infatti, ha superato il momento difficile e sta ripartendo, mentre l’altra sta addirittura peggiorando la propria condizione economica. “Da un lato vediamo le imprese Controvento, i comparti top, i professionisti con skills elevate; dall’altro le imprese deboli e i comparti in crisi. In definitiva, la manifattura è ripartita forte, le aspettative per il 2021 ci sono, ma il Paese è fortemente diviso”.
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