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Netanyahu chiama il Papa: “Vicini a tregua a Gaza”. Telefonata storica

- di: Bruno Legni
 
Netanyahu chiama il Papa: “Vicini a tregua a Gaza”. Telefonata storica

Il premier israeliano parla con Leone XIV dopo il raid sulla chiesa. Il Papa rilancia il cessate il fuoco: “Basta innocenti uccisi”.

(Fotomontaggio della telefonata tra Netanyahu e Papa Leone XIV)

Il Papa al centro: Netanyahu lo chiama, e la diplomazia si muove

Una telefonata inaspettata, ma forse decisiva. Il 18 luglio 2025, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha contattato Papa Leone XIV per parlargli della situazione nella Striscia di Gaza. Lo ha fatto poche ore dopo che un raid aereo dell’esercito israeliano ha colpito la parrocchia latina della Sacra Famiglia a Gaza City, provocando almeno tre morti e undici feriti tra i civili.

“Siamo vicini a un accordo”, ha dichiarato Netanyahu al Papa, aggiungendo che “i colloqui sul rilascio degli ostaggi e il cessate il fuoco sono in fase avanzata”.

Il Papa, profondamente scosso per l’attacco contro un luogo sacro in piena funzione religiosa, ha colto l’occasione per ribadire la sua posizione: “Si fermi l’inutile strage di innocenti a Gaza”.

Il ruolo di Leone XIV: moral suasion e pressione umanitaria

Non è solo una telefonata. È il segnale che, nel pieno del disastro, la Santa Sede ha assunto un ruolo politico attivo. Il Papa, che già nella mattinata aveva parlato con il cardinale Pierbattista Pizzaballa – patriarca latino di Gerusalemme – ha espresso la sua “vicinanza e preghiera” per tutti i feriti e le vittime, compreso padre Gabriel Romanelli, parroco della chiesa colpita, gravemente ferito.

Secondo il Patriarcato Latino, Leone XIV ha seguito in tempo reale la missione dei due leader religiosi, entrati a Gaza con 500 tonnellate di aiuti umanitari, per visitare le famiglie cristiane e portare medicine, farina, kit di pronto soccorso e assistenza spirituale.

Una presenza definita dal Vaticano “profetica e necessaria”. E forse non solo spirituale. Il Pontefice ha infatti chiesto con forza la sospensione immediata delle operazioni militari durante la missione ecclesiastica e ha garantito il suo impegno personale “per mantenere viva la fiamma della pace”.

Un raid contro la parrocchia: le reazioni internazionali

Il bombardamento della parrocchia della Sacra Famiglia ha provocato un’ondata di indignazione internazionale. L’Italia ha chiesto spiegazioni ufficiali a Israele. “Siamo in contatto con il cardinale Pizzaballa e chiediamo che sia garantita la sicurezza totale della delegazione. Gli attacchi ai luoghi di culto sono inaccettabili”, ha scritto su X il ministro degli Esteri Antonio Tajani.

Anche il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha parlato al telefono con Netanyahu per sollecitare una tregua immediata e un accesso sicuro per gli aiuti umanitari.

Il Papa, da parte sua, ha lanciato un monito severo contro chi bombarda luoghi religiosi: “È in gioco l’umanità stessa. Colpire una chiesa non è solo un crimine di guerra: è un attentato al cuore dell’uomo”, avrebbe confidato a uno stretto collaboratore in Vaticano.

Una trattativa appesa a un filo, ma qualcosa si muove

Intanto, in Qatar, i mediatori stanno lavorando a una proposta di tregua articolata in tre fasi. Il piano prevede:

  • una tregua iniziale di 60 giorni con cessazione dei bombardamenti;
  • il rilascio graduale degli ostaggi israeliani ancora detenuti da Hamas (si parla di almeno 10 vivi e 18 salme);
  • un incremento massiccio degli aiuti umanitari verso la Striscia, con garanzie di neutralità logistica.

Hamas, tuttavia, continua a esigere il ritiro totale delle forze israeliane da Gaza e il pieno accesso ai convogli umanitari, denunciando un “blocco genocida” che “sta condannando alla fame migliaia di civili innocenti”.

Israele, da parte sua, insiste sulla necessità di smantellare le capacità militari di Hamas e ottenere garanzie sulla sicurezza futura.

In Siria infuria un’altra guerra, ma il Papa guarda anche lì

Nel sud della Siria, nella provincia drusa di Sweida, sono ripresi i combattimenti tra fazioni locali e gruppi tribali filo-governativi. Secondo l’Onu, si registrano “esecuzioni sommarie, saccheggi, distruzione di abitazioni e rapimenti” da parte sia delle forze di sicurezza siriane che di milizie irregolari.

La Santa Sede non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali, ma una fonte diplomatica vaticana ha riferito che “il Papa è preoccupato per la deriva confessionale del conflitto”, soprattutto per il rischio che la crisi siriana rinfocoli tensioni anche in Libano e Israele.

Perché la telefonata è un evento storico

Un Papa che riceve una telefonata da un premier in guerra non è solo un gesto simbolico. È una forma di pressione pubblica, una diplomazia morale che, in questo caso, sembra aver inciso sul ritmo dei negoziati.

Netanyahu, sotto crescente pressione internazionale e interna, ha scelto di rivolgersi al pontefice per trasmettere un messaggio rassicurante: la volontà di trovare una soluzione.

Leone XIV, con la sua fermezza e compostezza, rappresenta una delle pochissime figure mondiali ancora capaci di parlare a entrambe le parti, e di farlo con credibilità. Il suo appello “a non dimenticare le vittime innocenti” non è solo un’esortazione spirituale, ma una sfida concreta al linguaggio della forza.

Se la tregua sarà firmata nei prossimi giorni, non potremo ignorare che tra i protagonisti – silenziosi ma determinanti – ci sarà stato anche un uomo in bianco, lontano dai riflettori ma al centro della Storia.

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