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Pd: qual è il prezzo che il partito è disposto a pagare per il movimentismo di Schlein?

- di: Redazione
 
Pd: qual è il prezzo che il partito è disposto a pagare per il movimentismo di Schlein?
Il Partito democratico, anche se nessuno al suo interno forse lo vorrà ammettere, si avvicina ad una resa dei conti che non avrà, in tempi brevi, effetti deflagranti, ma che ne può segnare le sorti nell'immediato futuro.
Una resa dei conti che il segretario, Elly Schlein, deve pure tenere in considerazione, pensando che, con la carica, si è assunto il gravoso compito di rilanciare il partito, non certo di spaccarlo in virtù delle sue scelte, nelle quali il rapporto con la minoranza si limita ad una frase, ''non mi farò ingabbiare'', facendo poi paventare non tanto una guerra ideologica, ma - cosa gravissima - anche di genere.

Pd: qual è il prezzo che il partito è disposto a pagare per il movimentismo di Schlein?

Dire che, se il segretario fosse stato un uomo, le critiche non sarebbero arrivate significa ridurre tutto ad una miseria morale che non sembrerebbe appartenere al Pd. Perché, elevare il genere a causa del dissenso, significa soltanto ridicolizzare le voci contrarie, cancellando quindi la possibilità di un confronto con la minoranza, che gli atteggiamenti del segretario stanno cercando di mettere in un angolo, impedendole di uscirne.
L'impressione, guardando al Pd dall'esterno, è che la resa dei conti non sia solo tra la segreteria e la minoranza, ma soprattutto sulla linea scelta da Elly Schlein, che evidentemente interpreta la sua carica come se fosse un mandato monocratico, confrontandosi solo con i suoi più stretti collaboratori e considerando le critiche come un risibile tentativo di incrinarne il potere nel partito.

Ma la sua scelta ''movimentista'', come confermata dalla presenza alla manifestazione dei Cinque Stelle, rischia di allargare ancora di più la distanza con la minoranza, che non ha certo apprezzato l'abbraccio con Giuseppe Conte, la cui deriva pacifista non può sovrapporsi alla linea del Pd sull'Ucraina. Sempre che l'appoggio a Kiev sia ancora totale da parte della nuova segreteria.
Che poi il segretario dica che la presenza del Pd nelle piazze dovrebbe essere la normalità non tiene conto di un aspetto, affatto marginale. Cioè che la piazza del Pd non è certo quella dei Cinque Stelle, come dimostrato dalle cose che si sono sentite, in occasione della manifestazione grillina, tra la provocazione di Grillo e le tesi filo-russe sostenute da chi ha addebitato solo alla Nato la responsabilità della guerra in Ucraina.
Ma fosse solo questo.

Perché il dissenso sulle scelte di Elly Schlein riguarda, oltre alla decisione - abbastanza inattesa - di fare parte della piazza grillina, anche altro, come sulle tematiche legate alla giustizia e al lavoro.
Però i distinguo e le prese di distanza da parte della minoranza non necessariamente preludono ad uno scontro, che si tradurrebbe nell'ennesimo regalo alla maggioranza, che assiste compiaciuta alla psicodramma che si consuma dentro il Pd che è ancora la maggiore forza di opposizione, ma che rischia di pagare un prezzo altissimo alla visione non dialogante che sembra avere imboccato la nuova leadership.
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