Sanremo al maschile: perché le donne restano fuori dalla direzione
- di: Marta Giannoni

Solo sei conduttrici in 75 anni, nessuna direzione artistica: il festival ha un problema di rappresentanza.
“Dare un po’ il festival alle donne non sarebbe male ogni tanto, perché no? Prima o poi...”. Con queste parole, pronunciate il 17 febbraio nel programma Che tempo che fa, Antonella Clerici ha riacceso il dibattito sulla rappresentanza femminile ai vertici del Festival di Sanremo. Dopo essere tornata sul palco dell’Ariston come co-conduttrice della prima serata insieme con Carlo Conti e Gerry Scotti, la conduttrice ha posto l’accento su una realtà incontrovertibile: in tre quarti di secolo, solo sei donne hanno avuto il ruolo di conduttrici principali, e nessuna è mai stata direttore artistico del festival.
Sei conduttrici in 75 edizioni
Dal 1951 a oggi, la storia di Sanremo è stata dominata da conduzioni maschili, con le donne relegate a ruoli di affiancamento, spesso definite con termini ormai anacronistici come “vallette” o “primedonne”. Nell’elenco delle conduttrici principali troviamo solo sei nomi:
• Lilli Lembo e Giuliana Calandra (1961)
• Maria Giovanna Elmi (1978)
• Loretta Goggi (1986)
• Raffaella Carrà (2001)
• Simona Ventura (2004)
• Antonella Clerici (2010)
“Quando ho condotto il festival da sola, nel 2010, nessuno ci credeva, nessuno voleva farlo con me. Non fu facile da nessun punto di vista, e invece è stata una bella edizione di successo”, ha ricordato Clerici in conferenza stampa alla vigilia di Sanremo 2025. Per la conduttrice, il problema non è solo di genere, ma di opportunità: le donne semplicemente non vengono prese in considerazione per questi ruoli.
Direzione artistica: un’esclusione totale
Se la conduzione femminile è stata un’eccezione, la direzione artistica è rimasta un’esclusiva maschile. In 75 edizioni, nessuna donna ha mai avuto il pieno controllo artistico del festival. L’unica eccezione, nel 1997, è stata Carla Vistarini, co-direttrice insieme a Pino Donaggio e Giorgio Moroder. Per il resto, tutti gli altri direttori artistici – da Pippo Baudo ad Amadeus, fino a Carlo Conti – sono stati uomini.
Nei giorni scorsi, proprio Conti ha sottolineato la necessità di un cambiamento: “La vera novità sarebbe affidare la direzione artistica a una donna”. Un’affermazione che suona come un’apertura, ma che evidenzia quanto questa prospettiva sia ancora considerata un’eventualità remota.
Il ruolo femminile sul palco: evoluzione o palliativo?
Sanremo ha sempre avuto una forte presenza femminile, ma spesso confinata a ruoli secondari. Il primo caso risale al 1955, quando Maria Teresa Ruta affiancò Armando Pizzo. Da allora, la narrazione delle donne sul palco è passata attraverso definizioni stereotipate che ne hanno ridimensionato l’importanza.
Quest’anno, Geppi Cucciari ha portato una ventata di sarcasmo e ironia, raccogliendo il testimone di Roberto Benigni e spezzando la solennità della kermesse. Bianca Balti, invece, ha colpito per il suo monologo sulla rinascita personale, che si è trasformato in una stoccata a Carlo Conti: “Noi donne siamo sempre un grande esempio per gli uomini”.
Katia Follesa ha usato il palco per un inno alla body positivity, mentre Alessia Marcuzzi ha riportato il festival a un’estetica anni ‘90. Ma se la presenza femminile sul palco si è evoluta, il potere decisionale resta saldamente nelle mani degli uomini.
L’industria musicale è pronta, Sanremo no
Se il festival sembra restare indietro, il mondo della musica si muove più velocemente. Un esempio è Marta Donà, manager che con Olly ha ottenuto la quarta vittoria a Sanremo in cinque anni, dopo i trionfi dei Måneskin, Marco Mengoni e Angelina Mango. La discografia sta aprendo spazi sempre maggiori alle donne, ma la struttura del festival sembra ancora ancorata a un passato maschile.
L’assenza di una donna alla direzione artistica è il sintomo di un problema più profondo: il festival più importante d’Italia è ancora lontano dal rappresentare equamente il talento e la visione femminile. E mentre Conti avrà tempo per immaginare il prossimo Sanremo, la domanda resta: quanto dovranno ancora aspettare le donne per prendere davvero il comando?