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Elkann alla Camera: il futuro di Stellantis tra dazi, transizione e occupazione

- di: Bruno Coletta
 
Elkann alla Camera: il futuro di Stellantis tra dazi, transizione e occupazione

Il presidente di Stellantis, John Elkann (nella foto), è atteso alla Camera dei Deputati il prossimo 19 marzo per un’audizione cruciale in cui delineerà il piano industriale e le prospettive occupazionali del gruppo in Italia. Questa convocazione, frutto di settimane di interlocuzioni, è stata confermata da Alberto Luigi Gusmeroli, presidente della Commissione Attività Produttive. L’appuntamento arriva in un momento critico per l’industria automobilistica, tra le pressioni della transizione ecologica, le crisi industriali e le crescenti tensioni commerciali.

Il contesto dell’udienza: tra crisi e transizione
L’audizione segue il tavolo tenutosi il 17 dicembre presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) , dove si è discusso del cosiddetto "Piano Italia". La strategia di Stellantis per il paese è sotto i riflettori, con particolare attenzione agli stabilimenti italiani e al futuro dei lavoratori. Il settore automobilistico europeo sta affrontando una tempesta perfetta: l’incremento dei costi legati alla transizione verso l’elettrico, le tensioni geopolitiche e le politiche protezionistiche adottate da diversi blocchi economici.

La guerra dei dazi: ricorsi e tensioni commerciali

A complicare ulteriormente il panorama, Tesla, Bmw e tre grandi gruppi cinesi (Saic, Geely e Byd) hanno recentemente presentato ricorsi contro i dazi imposti dall’Unione Europea sulle auto elettriche prodotte in Cina. Le tariffe aggiuntive, introdotte a ottobre 2024, arrivano fino al 35% rispetto al 10% precedente, colpendo duramente i produttori. Tesla, tramite la sua unità di Shanghai, è stata tra le ultime a depositare un ricorso presso la Corte di Giustizia Europea a Lussemburgo, seguita da Bmw e dalla Camera di Commercio cinese (Cccme).
Il portavoce della Commissione Europea, Olaf Gill, ha dichiarato: Siamo pronti a difendere la nostra posizione in tribunale, se necessario”. I ricorsi sono stati formalizzati entro il 22 gennaio e verranno discussi dalla Corte Generale, dove i procedimenti potrebbero durare in media 18 mesi.

Un problema globale: il protezionismo e la risposta cinese
Le tensioni non si fermano qui. La Cina ha reagito accusando l’Unione Europea di protezionismo presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) e ha avviato indagini antidumping su importazioni europee come carne suina, latticini e liquori, incluso il cognac. Questo braccio di ferro commerciale rischia di amplificare l’incertezza per i produttori europei.
L’industria automobilistica tedesca, rappresentata dall’associazione VDA, ha espresso forte opposizione ai dazi europei, in particolare per l’impatto su produttori come Bmw, che ha significative operazioni in Cina. Tesla, invece, ha ottenuto una riduzione dei dazi aggiuntivi grazie al basso livello di sussidi ricevuti dalla Gigafactory di Shanghai, con tariffe che si fermano al 7,8%. Al contrario, per aziende come Byd e Geely, i dazi variano tra il 17% e il 18,8%, fino a un massimo del 35,3% per Saic.

Gli Stati Uniti e il precedente sui sussidi
Le tensioni sui sussidi non sono un tema esclusivamente europeo. Gli Stati Uniti, nel 2023, avevano quadruplicato i dazi sulle auto elettriche cinesi, portandoli al 100%, denunciando pratiche anticoncorrenziali. Questa posizione ha fatto da apripista per le recenti politiche protezionistiche europee.

Le prospettive per l’Italia e l’Europa
Mentre Stellantis si prepara a presentare la propria visione per l’Italia, l’industria europea si trova a un bivio. Riuscirà il settore a competere con la crescente influenza cinese e americana? Quali strategie adotteranno i governi per garantire occupazione e innovazione nel mercato unico? Le risposte a queste domande saranno fondamentali per determinare il futuro del comparto.
Con l’audizione di Elkann e l’esito dei ricorsi contro i dazi, il 2025 si prospetta un anno decisivo per l’automotive europeo. Restano ancora molte incognite, ma una cosa è certa: il settore non può permettersi ulteriori passi falsi.


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