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Trump, Kushner, Cnn: la guerra miliardaria su Warner Bros

- di: Vittorio Massi
 
Trump, Kushner, Cnn: la guerra miliardaria su Warner Bros
Trump, Kushner, Cnn: la guerra miliardaria su Warner Bros
Due offerte colossali, una rete all news nel mirino e la famiglia presidenziale al centro del risiko dei media americani.

Non è solo un affare da oltre cento miliardi: è una partita di potere che decide chi potrà dettare il racconto del mondo agli americani. Nel braccio di ferro per Warner Bros Discovery, le cifre record di Netflix e Paramount Skydance sono solo la superficie. Sotto, si muove un intreccio serrato di politica, capitali del Golfo, ambizioni personali di Donald Trump e del genero Jared Kushner. Al centro di tutto, un logo che il presidente detesta: Cnn.

La fotografia di questi giorni è netta: Netflix ha firmato un accordo per rilevare gli studios e lo streaming di Warner per una cifra nell’ordine degli 82-83 miliardi di dollari, mentre Paramount Skydance ha risposto con una offerta ostile da circa 108 miliardi in contanti, rivolta direttamente agli azionisti. Due strategie opposte, due idee diverse di futuro dei media. E, soprattutto, due destini radicalmente diversi per Cnn.

Paramount all’attacco: l’asso Kushner e la promessa su Cnn

L’offensiva di Paramount porta la firma di David Ellison, amministratore delegato del gruppo e figlio di Larry Ellison, il miliardario fondatore di Oracle e amico di lunga data di Trump. Ma a trasformare l’operazione in un caso politico è un altro nome: Jared Kushner.

Il fondo di investimento di Kushner, Affinity Partners, è parte della cordata che sostiene la proposta di Paramount. Affiancato da una squadra di fondi sovrani di Arabia Saudita, Qatar e Abu Dhabi, il genero del presidente contribuisce a mettere insieme il gigantesco pacchetto di equity necessario per l’assalto, mentre continua a sedere nella ristretta cerchia dei consiglieri di Trump.

Qui l’intreccio è frontale: la famiglia del presidente partecipa finanziariamente a una scalata che riguarda una delle principali piattaforme d’informazione del Paese. Se Paramount vincesse, Cnn e Cbs News finirebbero nello stesso polo, e Kushner – per quanto indirettamente – avrebbe una fetta della holding che le controlla. È esattamente lo scenario che gli esperti di etica pubblica definiscono esplosivo.

In parallelo, il ruolo dei due Ellison non si ferma ai documenti finanziari. Secondo ricostruzioni interne, David Ellison avrebbe rassicurato l’amministrazione Trump che, una volta presa Warner, Cnn cambierebbe volto in maniera energica. Meno ostilità verso il presidente, più spazio a voci conservatrici, un riassetto a partire dai volti simbolo più sgraditi alla Casa Bianca. Un messaggio che fa capire quanto il canale all news sia percepito, in questo gioco, come una leva politica prima ancora che come un asset industriale.

Trump rompe gli argini: “Sarò coinvolto” sull’affare Warner

Di solito, le grandi fusioni passano sotto la lente delle autorità indipendenti: Dipartimento di Giustizia, Federal Trade Commission, eventualmente il comitato per gli investimenti esteri. Il presidente osserva, commenta al massimo a distanza. Questa volta no.

Donald Trump ha annunciato pubblicamente che sarà “coinvolto” nella decisione sull’operazione Netflix–Warner, evocando possibili problemi antitrust per il colosso dello streaming. Un’uscita che ha spiazzato analisti e politici, perché suona come una presa di posizione diretta in un confronto in cui la famiglia presidenziale è visibilmente interessata all’esito alternativo, quello guidato da Paramount.

La scelta di esporsi così apertamente alimenta la percezione di una politicizzazione estrema del processo antitrust. Se il capo dell’esecutivo annuncia che entrerà a gamba tesa su un deal che coinvolge i propri familiari in veste di investitori, è difficile immaginare regolatori completamente immuni dalle pressioni. Non a caso, giuristi e opposizione chiedono a Trump di fare un passo indietro, o almeno di formalizzare una sorta di “recusa” dal dossier Warner.

Netflix contro Paramount: due modelli e due Cnn possibili

Se si guarda ai documenti, la differenza tra i due progetti è netta.

Netflix compra gli studios cinematografici, il catalogo Hbo, le piattaforme streaming e la macchina produttiva di Warner Bros. In questa struttura, Cnn viene tenuta fuori e destinata a una nuova realtà separata, Discovery Global, insieme ad altri canali lineari. L’obiettivo dichiarato è concentrarsi su un campione globale dell’intrattenimento senza trascinarsi dietro il peso economico e politico delle reti via cavo.

Paramount Skydance, al contrario, punta al pacchetto completo: studios, streaming, canali lineari, sport, informazione. Nel disegno del gruppo, Cnn diventerebbe il perno di un maxi-polo news accanto a Cbs, con una redazione integrata, forte presenza digitale e un marchio globale con cui sfidare Fox e i nuovi colossi dell’informazione online.

A fare la differenza non è solo l’architettura industriale, ma il grado di vicinanza al potere politico. Netflix ha rapporti consolidati con esponenti democratici, ma non ha legami societari diretti con la Casa Bianca. La cordata Paramount, invece, è costruita intorno a figure apertamente allineate con Trump, a partire da Kushner e Larry Ellison. È per questo che, nel dibattito pubblico, si parla di Cnn come di una vera e propria pedina geopolitica.

Conflitti di interesse e libertà di parola: perché il caso è unico

Il dispaccio ANSA da New York sottolinea un punto che molti giuristi considerano dirimente: la posta in gioco per Trump è personale. Non si tratta solo del futuro di un grande gruppo media, ma del destino di due network – Cnn e Cbs – che il presidente ha attaccato pubblicamente per anni, accusandoli di faziosità. Vederli confluire in una società nella quale la famiglia presidenziale ha una partecipazione sarebbe un salto di qualità nel rapporto tra politica e informazione.

Le preoccupazioni si muovono su più livelli:

  • Conflitto di interessi: il presidente può davvero partecipare – anche solo politicamente – alla valutazione di un’operazione che coinvolge un proprio congiunto come finanziatore?
  • Pressioni editoriali: quanto sarebbe credibile, per Cnn e Cbs, mantenere una linea indipendente sapendo che, in ultima istanza, la proprietà è intrecciata con la Casa Bianca?
  • Segnale sistemico: che messaggio arriverebbe agli altri media se l’ostilità verso un network viene “risolta” cambiando i proprietari grazie alla leva del potere politico?

In molti parlano di un possibile effetto raggelante sul giornalismo americano: se il costo della critica al potere diventa l’esposizione a una scalata ostile favorita dal governo, l’autocensura rischia di diventare la regola non scritta delle newsroom.

I soldi del Golfo e l’ombra della sicurezza nazionale

La partecipazione dei fondi sovrani di Arabia Saudita, Qatar e Abu Dhabi aggiunge un ulteriore livello di complessità. Non è una novità che i grandi fondi del Golfo investano nell’intrattenimento globale, dai videogiochi al calcio europeo, ma qui la posta è diversa: il controllo di un hub informativo che parla quotidianamente al pubblico americano.

La domanda inevitabile è quanto e come dovrà intervenire il Cfius, il comitato che esamina l’impatto degli investimenti esteri sulla sicurezza nazionale. Sulla carta, la struttura scelta per l’operazione Paramount–Warner sembra studiata per contenere l’esposizione formale al Cfius, limitando i diritti di governance diretta dei fondi stranieri. Ma gli esperti ricordano che il comitato non guarda solo alle percentuali, bensì al rischio concreto che interessi governativi esteri possano influenzare contenuti e strategie editoriali.

In più, la presenza simultanea di capitali mediorientali e di un consigliere di Trump come Kushner in un deal che passa comunque davanti a strutture controllate dall’amministrazione apre domande sulla reale autonomia dei controlli. È uno di quei casi di scuola in cui sicurezza nazionale e credibilità istituzionale si tengono per mano.

Il fronte legale: antitrust, class action e la paura del gigante Netflix

Se Paramount viene accusata di costruire un’operazione “troppo politica”, Netflix è nel mirino per la questione opposta: il rischio di essere troppo grande. La fusione con gli asset Warner darebbe al gruppo un portafoglio impressionante di franchise e contenuti premium, dall’universo Dc a “Game of Thrones”, passando per decine di brand di grande richiamo.

Non a caso è stata presentata una class action antitrust da parte di un abbonato Hbo, che chiede ai giudici di bloccare l’accordo. Secondo questa tesi, l’operazione ridurrebbe drasticamente la concorrenza nello streaming a pagamento, consegnando un potere eccessivo a Netflix e rendendo più fragile la posizione dei rivali, Paramount inclusa.

Mentre le autorità si preparano a un esame approfondito, i due contendenti giocano d’anticipo nella comunicazione: Netflix enfatizza la necessità di “scala” per reggere la competizione globale, Paramount insiste sul fatto che la propria offerta lascerebbe il mercato con due campioni di dimensioni comparabili invece di un unico super-dominatore. In mezzo, la politica si divide lungo linee che non coincidono perfettamente con i tradizionali schieramenti partitici.

Che cosa c’è davvero in gioco per Cnn e per il giornalismo Usa

Al netto delle cifre, il caso Warner–Cnn racconta un trend che va oltre Hollywood: le grandi redazioni non sono più solo attività economiche, ma strumenti di influenza strategica. Si comprano e si vendono non soltanto per far quadrare i conti, ma per controllare il perimetro del dibattito pubblico.

Per Cnn, gli scenari possibili sono almeno tre:

  • con Netflix che chiude il deal e il network scorporato in Discovery Global, una Cnn più leggera ma esposta alle turbolenze del mercato via cavo;
  • con la vittoria di Paramount, una Cnn integrata in un maxi-polo news con Cbs, forte industrialmente ma potenzialmente più vicina agli interessi del potere politico che l’ha attaccata e, ora, contribuisce a finanziarne il proprietario;
  • uno scenario di stallo prolungato, in cui l’incertezza proprietaria congela investimenti e decisioni editoriali, lasciando la rete in una sorta di limbo.

In tutti i casi, il messaggio al sistema mediatico è chiaro: nessuna grande testata è al riparo dalla pressione combinata di governi, miliardari e capitali esteri. È un ambiente più difficile, ma anche un banco di prova decisivo per la credibilità del giornalismo americano.

Per i lettori e gli spettatori, la domanda finale è brutale nella sua semplicità: quando accendiamo la tv o apriamo un’app di news, chi sta davvero tirando i fili di ciò che vediamo? La guerra su Warner e su Cnn, oggi, è esattamente la battaglia per rispondere – nel modo più conveniente per qualcuno – a questa domanda.

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