La presidenza danese spinge il compromesso: obiettivo del −90% confermato, revisione ogni due anni e margini per i settori energivori. Si riapre la partita sui crediti di carbonio esteri. Tutto in vista di Cop30 a Belém.
(Foto: la premier danese, Mette Frederiksen).
Cosa cambia sul 2040
La presidenza danese introduce una clausola di revisione biennale del percorso al 2040: Bruxelles aggiornerà la traiettoria ogni due anni, intervenendo sull’obiettivo se richiesto da scienza, tecnologia e competitività. L’ancora resta il −90% di emissioni nette rispetto al 1990, con un cammino più modulabile.
La battaglia sui crediti esteri
Nel compromesso avanza la discussione sulla quota copribile con crediti di carbonio extra-Ue dal 2036. La proposta sul tavolo è fino al 3%, mentre alcuni Stati chiedono soglie più alte. I favorevoli parlano di valvola di sicurezza per industria e finanza climatica globale; i critici temono un indebolimento dell’integrità e spingono per tagli domestici più incisivi.
Automotive ed energia: dove passa la flessibilità
Il capitolo auto resta il più sensibile. La scadenza del 2035 non cambia, ma si aprono finestre di verifica e correttivi sull’infrastruttura di ricarica, sui biocarburanti sostenibili e sui costi. Sul fronte energia, arrivano strumenti per attenuare eventuali picchi di prezzo del sistema ETS2 (carburanti ed edifici), prevenendo shock per famiglie e Pmi.
L’urgenza di un accordo prima di Belém
L’Unione necessita di un mandato credibile verso Cop30. Senza una linea coesa su 2040 e 2035, rischia di presentarsi divisa mentre aggiorna il nuovo NDC. La revisione biennale darebbe elasticità e governance prevedibile.
L’Italia rilancia: “Stop all’ideologia, contano crescita e lavoro”
Il ministro Adolfo Urso punta a ridurre la dimensione ideologica e a blindare industria e occupazione. “Serve un cambio di passo a Bruxelles contro l’impostazione ideologica del Green Deal… Serve agire ora”, afferma Urso, con incontri dedicati a impresa, energia e concorrenza.
Cosa succede adesso
Il testo passerà agli ambasciatori e quindi ai ministri dell’Ambiente in Consiglio. Con la maggioranza qualificata a portata, il nodo resta la percentuale dei crediti esteri e le clausole automotive. Un sì aprirà il confronto con il Parlamento europeo e consentirà all’Ue di arrivare a Belém con una road map definita.
Perché il compromesso danese conviene all’Europa
Credibilità internazionale, minore rischio regolatorio, migliore allocazione delle risorse. Flessibilità procedurale e fermezza sostanziale: questo il cuore del nuovo assetto.