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Mps in UniCredit passa per il taglio dei dipendenti. Ma il vero obiettivo è l'Europa

 
Mps in UniCredit passa per il taglio dei dipendenti. Ma il vero obiettivo è l'Europa
Ci sono parole che, ormai entrate nel linguaggio quotidiano ed al di là che appaiano assolutamente normali, incutono timori che spesso fanno piombare nella nella paura chi se ne sente toccato. Quindi, quando i dipendenti di una grande azienda (una a caso, il Monte dei Paschi di Siena) sente parlare che è alle viste (con UniCredit, altro nome a caso) una ''fusione'' o una ''integrazione'' o un ''inglobamento'', sa benissimo che saranno loro a pagare per primi i costi sociali dell'operazione.

Ma il grande scenario del mosaico delle grandi banche spesso non fa prigionieri e, quando si pone un obiettivo, poco importa se la strada da percorrere è irta non solo di difficoltà, ma anche di passaggi obbligati. Come quelli che sono riservati agli anelli più deboli della catena, i semplici dipendenti, che alla fine saranno i primi a pagare. In queste ore stanno tornando a rincorrersi le voci di una ''integrazione'' (questo il termine più gettonato da giornalisti ed analisti finanziari) che porterebbe Mps dentro il capiente ventre di UniCredit, consentendo allo Stato di defilarsi dalla proprietà della banca, con costi forse anche ragionevoli (cinque miliardi di euro, che si andrebbero ad aggiungere ai sette già sborsati per il salvataggio).

Mps andrebbe a rimpolpare il coté italiano di UniCredit, ormai lanciatissimo verso la partizione delle sue attività, tra italiane ed europee. Inglobare il Monte dei Paschi, oltre al prestigio (con il probabile forte ritorno di immagine derivato dal mettere il suo logo accanto a quello dello storico istituto senese), consentirà a UniCredit di procedere nella lenta marcia per ridurre la distanza con Intesa SanPaolo.

D'altra parte lo schema che sarebbe seguito per l'integrazione di Mps in UniCredit sarebbe, virgola più, virgola meno nel testo dell'accordo, lo stesso seguito dal Tesoro per il salvataggio delle banche popolari nel 2017 e che, al netto delle ferite inferte agli azionisti, ha evitate un tracollo totale e definitivo dalle conseguenze inimmaginabili.
Quello che appare ancora da capire - mentre UniCredit di fatto smentisce le voci dell'integrazione di Mps, che però sono sempre più insistenti - è quale siano gli effettivi programmi dell'istituto, il cui futuro, ancora di più, è nella mani del ceo, Jean Pierre Mustier, che, come un provetto giocatore di poker, non fa capire che carte abbia in mano.
Ci sarebbe da dire che tutto lascia pensare che dietro l'eventuale progetto di spaccare in due (Italia ed Europa) le attività ci sia l'obiettivo di impegnarsi di più al di fuori dei confini nazionali. Un progetto, quello della maggiore europeizzazione delle attività, che sarebbe reso possibile dall'alleanza con Commerzbank, che darebbe a UniCredit una riconoscibilità maggiore, cui forse aspira il suo Ceo.

Se poi questa scelta comporterà ripercussioni non necessariamente positive sul versante italiano sembra essere poco considerato. Però, se l'operazione UniCredit-Mps andrà in porto (forse in temi brevissimi), essa non sarà indolore perché, quando si parla di ''integrazione'' o di ''fusione'', molto passa per il taglio del personale, in ossequio alle leggi della razionalizzazione delle risorse. Tale ''razionalizzazione'' si tradurrebbe nell'immediato in un taglio di circa seimila dipendenti su un totale di 21 mila. Un provvedimento dagli effetti dolorosi (non si mandano via solo dipendenti in età pensionabile, ma si rinuncia soprattutto al patrimonio della loro esperienza) che sarebbe sanato soltanto dalla solita formuletta ''due escono, uno entra'', che potrebbe anche essere accettata dai sindacati.

Ma non bisogna darlo per scontato perché qualcuno, prima o poi, dovrà pure eccepire che, in cerimonie come queste che vengono celebrate nel teatro della grande finanza, le vittime sacrificali sono sempre le stesse. Alla fine, se tutto dovesse andare come le indiscrezioni di queste ore lasciano pensare, UniCredit avrà messo a segno un gran colpo. A che prezzo, però, sarà tutto da verificare. Perché se, alla fine, ci si accorgerà che UniCredit sta puntando sull'Europa, mettendo un passo indietro il suo impegno in Italia, qualcuno dovrà assumersi la responsabilità di avere avallato l'operazione. Chiunque esso sia.
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