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Stati Uniti, stop alla raccolta obbligatoria dei dati sulle emissioni

- di: Jole Rosati
 
Stati Uniti, stop alla raccolta obbligatoria dei dati sulle emissioni
Epa, stop alla raccolta obbligatoria dei dati sulle emissioni
Un taglio netto tra regolazioni climatiche e trasparenza: il governo Trump/Zeldin punta a eliminare l’obbligo per migliaia di impianti, suscitando forti proteste da scienziati e gruppi ambientalisti.

L’amministrazione statunitense lancia l’ennesimo attacco alle politiche climatiche: l’Agenzia per la protezione dell’ambiente (Epa) propone di cancellare il programma che dal 2009/2010 impone a circa 8.000 strutture industriali (centrali elettriche, raffinerie, acciaierie, impianti di trattamento gas e altri siti emissivi) di segnalare le proprie emissioni di gas nocivi come anidride carbonica e metano.

Che cosa si propone

L’Epa, guidata da Lee Zeldin, motiva la proposta sostenendo che il programma di reporting dei gas serra sia “burocrazia inutile”, non strettamente legata a regolamentazioni attive, e che non migliori direttamente la salute pubblica o la qualità dell’aria, ha dichiarato Zeldin. L’agenzia stima che eliminando l’obbligo le imprese possano risparmiare fino a 2,4 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni.

Il coinvolgimento diretto di impianti in decine di categorie industriali verrebbe ridotto in modo significativo: molti grandi impianti non dovrebbero più riportare i dati, con attenuazione degli obblighi anche per fornitori di combustibili e gas industriali e per i siti di iniezione di CO2. Resterebbero possibili eccezioni settoriali legate a normative specifiche, ma l’orientamento generale è di ampia deregolazione del reporting.

Le reazioni: critiche decise

Esperti e gruppi ambientalisti mettono in guardia: togliere i dati pubblici significa “mettere al buio” cittadini, decisori locali e il mondo della finanza rispetto all’effettiva portata dell’inquinamento. Secondo numerosi analisti, senza trasparenza si indeboliscono anche mercati e investimenti orientati alla sostenibilità.

Per Joseph Goffman, già responsabile dell’Office of Air and Radiation, “oscurare l’informazione su chi inquina priva le politiche di un ingrediente essenziale: la responsabilità”, ha commentato, sottolineando il rischio di danni duraturi alla qualità del dibattito pubblico e alla credibilità delle strategie di riduzione delle emissioni.

Organizzazioni come il Natural Resources Defense Council parlano di “pass privilegiato per gli inquinatori”, accusando l’Epa di svuotare un presidio fondamentale per il controllo diffuso da parte di opinione pubblica, media e investitori.

Implicazioni ambientali, legali e politiche

Trasparenza e responsabilità. Senza dati obbligatori e accessibili, il monitoraggio indipendente diventa molto più difficile. La pressione da parte di società civile e sistemi finanziari, che già usano il reporting per stimare rischi ambientali e credibilità aziendale, perderebbe un punto di riferimento chiave.

Politiche climatiche compromesse. Molte normative e obiettivi di riduzione si basano su stime affidabili. Se queste vengono indebolite o rese opzionali, gli impegni rischiano di restare sulla carta, con impatti anche su cooperazione internazionale e pianificazione industriale.

Possibili contenziosi. La misura è destinata a scontrarsi con ricorsi che richiamano gli obblighi fissati dal Congresso e l’“endangerment finding” (la determinazione che i gas serra danneggiano salute e ambiente), cardine giuridico di molte regolazioni.

Contesto più ampio

La proposta si inserisce in una strategia coerente dell’amministrazione tesa a ridurre l’impegno normativo in campo ambientale, attenuando o rimuovendo standard ereditati dalle amministrazioni precedenti. Sullo sfondo, il tentativo di rimettere in discussione anche il perimetro dell’endangerment finding, per indebolire la base regolatoria sulle emissioni climalteranti.

Una scelta che cambia il livello di visibilità del cambiamento climatico

Qui non è solo questione di “meno burocrazia”. È una scelta che cambia il livello di visibilità del cambiamento climatico, dell’inquinamento e delle responsabilità. Lasciare che grandi fonti di emissione operino senza l’obbligo di tracciare e comunicare i propri numeri significa accettare che pubblico, autorità locali e investitori non possano verificare se gli obiettivi di decarbonizzazione vengano rispettati.

È anche una decisione profondamente politica: trasmette l’idea che la libertà economica — in particolare quella legata all’industria fossile — prevalga sulla trasparenza ambientale. Un messaggio che può consolidare consenso in alcuni segmenti produttivi, ma che rischia di erodere fiducia nelle istituzioni chiamate a tutelare salute, clima e diritto all’informazione.

Reazioni nette

Il testo sarà sottoposto a consultazione pubblica e potrebbe subire revisioni. Ma già l’ipotesi di cancellare il reporting obbligatorio ha innescato reazioni nette. Se approvata, la misura restituirebbe un ampio margine di opacità alle attività industriali più inquinanti negli Stati Uniti, segnando un arretramento nella lotta contro il cambiamento climatico.

 

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