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Facebook, Google e Twitter nel mirino del Congresso statunitense

- di: Brian Green
 
Facebook, Google e Twitter nel mirino del Congresso statunitense
La quarta in un anno per Mark Zuckerberg, la terza, nello stesso lasso di tempo, per Sundar Pichai e Jack Dorsey: gli amministratori delegati di Facebook, Google e Twitter sono, loro malgrado, ormai degli ospiti abituali del Congresso americano (seppure in modo virtuale, visto il ricorso alle videoconferenze in periodo di pandemia) dove sono stati convocati per rispondere delle loro strategie.

Questa volta a convocarli è stata la commissione della Camera dei rappresentanti che si occupa di energia e commercio. Il perché della nuova audizione è da mettere in relazione al timore che i parlamentari americani hanno che l'assenza di regole certe ed inequivocabili nella "gestione" dei social possa determinare l'insorgere di una cattiva informazione e, quindi, della possibilità di una manipolazione dell'opinione pubblica. Tutto questo dopo l'attacco del 6 gennaio scorso a Capitol Hill che si è lasciato dietro molte polemiche, ma anche timori che sulle piattaforme digitale abbiano il sopravvento odio e disinformazione.

"Il tempo dell'autoregolamentazione è finito, Ora è il momento di agire", ha detto Frank Pallone, presidente della Commissione, che ha parlato di assunzione di responsabilità, riferendosi a chi gestisce i social. I tre amministratori delegati, in videoconferenza, hanno risposto alle domande dei commissari sul ruolo svolto dai social network nella diffusione dello slogan "Stop the steal" ("Fermate il furto"), con il quale, a partire dallo stesso Trump che ha sempre parlato di esito falsato delle elezioni, è stata messa in dubbio la legalità della vittoria di Joe Biden alle presidenziali, di fatto incoraggiando gli incidenti del 6 gennaio. Le domande poste a Zuckerberg, Pichai e Dorsey sono state secche, nello stile anglosassone e senza molto spazio per tergiversare nelle risposte.

"La sua piattaforma ha qualche responsabilità, sì o no?" ha domandato il deputato democratico Mike Doyle, della Pennsylvania, facendo riferimento all'assalto al Campidoglio.
Lo scambio di battute tra Zuckerberg e Doyle è stato duro: "La nostra responsabilità" - ha detto Zuckerberg - "è costruire sistemi che..."; "Ha una responsabilità, sì o no?" lo ha interrotto Doyle;

"La nostra responsabilità" - ha ripreso Zuckerberg - "è garantire la la realizzazione di sistemi efficaci".

Doyle, davanti alla strategia del dominus di Facebook, ha rivolto gli stessi interrogativi a Sundar Pichiai. Il ceo di Alphabet (società madre di Google) che ha spiegato: "abbiamo lavorato duramente durante queste elezioni". La risposta/non risposta di Pichai ha indotto Doyle a incalzarlo: "Era un sì?". Pichai: "È una domanda complessa".

Solo Jack Dorsey ha ammesso che forse Twitter aveva una certa responsabilità. "Ma dobbiamo anche prendere in considerazione un ecosistema più ampio. Non sono solo le piattaforme tecnologiche che sono state utilizzate".
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