Feltri, i gay e il tubo di scarico

- di: Barbara Bizzarri
 
Ebbene, sì: adoro Feltri. Ma dato che “la verità è come la poesia, e alla gente sta sulle palle la poesia”, il volgo profano non lo sopporta: soprattutto quando dice la verità. Il Direttore di Libero si è permesso di constatare su Twitter, “Cari amici gay, lo volete capire che il culo è un’uscita di sicurezza e non una entrata secondaria?”, e tanto è bastato per una immediata levata di scudi a cominciare da un “quindi un froscio deve esser casto Vittò?” a cui Feltri ha risposto, ineffabilmente, “i froci devono fare ciò che vogliono ma sappiano che il culo è una uscita e non una entrata”. Dagospia, che ha invocato fischi e fiaschi, è stato asfaltato con una replica tranchant: “Cari amici, il fiasco, che a me non piace, toglietelo agli amosessuali altrimenti si infilano anche quello e ciò non fa bene alla salute delle parti basse”. Non sono certo l’unica a pensare che la civiltà sia finita con la leva obbligatoria, e con l’incapacità di accettare un’opinione senza che si debba essere d’accordo, oppure incistarla da qualche parte secondo i dettami della legge di Murphy: se non ci entra, prendila a calci. 
Feltri non ha certo bisogno della mia difesa, né della difesa di chiunque altro, però l’accaduto permette qualche considerazione su quello che significa esprimere, al giorno d’oggi, il proprio parere. Cosa ha detto di tanto straordinario per essere offeso con toni da osteria? Il culo è un’uscita, ed è vero: anatomicamente è così. È la scienza a dirlo, quella che non dobbiamo contraddire altrimenti le virostar si alterano insultandoci, mica vorremo lasciarli nei loro seminterrati da stipendiati ospedalieri, e nemmeno possiamo metterci contro l’anatomia, che è pure uno degli esami più difficili della Facoltà di Medicina: andatelo a dire in sede d’esame, che un canale d’uscita non è tale.

Feltri e il messaggio ai gay

Poi ognuno, col suo, fa ciò che vuole, e non mi risulta che il buon Vittorio abbia puntato un kalashnikov alla tempia dei suoi ‘cari amici’ proibendo loro di usarlo a piacimento, eppure, in tempi in cui si deve sostenere che gli asini volano nel ciel per non essere tacciati di negazionismo, anche dire l’ovvio è considerato un atto sovversivo e provocatorio. Per dirla alla Chesterton, un giorno si dovrà impugnare la spada per dire che l’erba è verde. Da quando la realtà è diventata un reato? Uno può pure arredare il proprio didietro coi fiori come in un film di Kusturica o guarnirlo di patate fritte come fece un tizio compiacente su Only Fans a gentile richiesta, però all’atto pratico resta pur sempre un condotto d’espulsione. E allora? Questo non impedisce a chiunque di usarlo come più desidera, però il fatto di negare continuamente l’evidenza ha rotto gli zebedei: come accade, per esempio, con atleti mediocri che, sostenendo di sentirsi femmine (chi decide a quali percezioni personali si deve attribuire spazio e credibilità e a quali no? Comunque, ancora oggi, sentirsi vaccinati non equivale a esserlo), fanno incetta di medaglie battendo record in performance che le donne, chiaramente, non possono uguagliare: per motivi anatomici. La sensazione finale è sempre la stessa: essere presi in un vortice immortale di questioni di lana caprina. Ovvero, di prese per il culo. Appunto.
 
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