Per la prima volta, nel 2024, il numero delle badanti ha superato quello delle colf in Italia. Lo certifica l’Osservatorio sul lavoro domestico dell’INPS, che registra 817.403 lavoratori domestici con almeno un contributo versato, il 50,5% dei quali impiegati come assistenti familiari per anziani, contro il 49,5% dedicato ad attività generiche di pulizia o cura della casa. Si tratta di un sorpasso simbolico e sostanziale, che riflette un cambiamento strutturale nella società italiana: il progressivo invecchiamento della popolazione sta ridefinendo la domanda di cura e assistenza all’interno delle famiglie.
Badanti più numerose delle colf: l’Italia invecchia e il lavoro domestico cambia volto
Dietro questi numeri si cela una trasformazione demografica che da tempo investe l’Italia: l’aumento dell’aspettativa di vita e la bassa natalità hanno portato a un crescente bisogno di assistenza a lungo termine. Sempre più famiglie si affidano a badanti, spesso straniere e con un rapporto di lavoro non sempre formalizzato, per prendersi cura di genitori e nonni non autosufficienti. Il sorpasso sulle colf segnala che la priorità non è più semplicemente avere una casa ordinata, ma garantire cure continue e affidabili a un numero sempre più alto di anziani.
Un settore che invecchia con i suoi utenti
Anche i lavoratori domestici stessi stanno invecchiando rapidamente. Secondo l’INPS, il 44,3% di loro ha più di 55 anni e il 25,7% supera i 60. Questo dato preoccupa non solo per le condizioni fisiche richieste da un lavoro spesso faticoso, ma anche per le prospettive future del settore: la forza lavoro sta diventando meno sostituibile e sempre più esposta al rischio di fragilità. La mancanza di un ricambio generazionale, legata anche alla scarsa attrattività di questi mestieri, aggrava il quadro.
Il calo post-pandemia e la questione della regolarizzazione
Il numero complessivo dei lavoratori domestici è in flessione per il terzo anno consecutivo, con una diminuzione del 3% rispetto al 2023. Dopo il picco registrato durante la pandemia – quando molte famiglie si affrettarono a regolarizzare rapporti fino ad allora in nero – il settore sta tornando ai livelli pre-Covid. Questo calo solleva interrogativi sulla sostenibilità del sistema di cura informale su cui l’Italia ha storicamente fatto affidamento. L’uscita di molte lavoratrici dalla regolarità contributiva, per motivi economici o legati alla perdita della persona assistita, rischia di generare un nuovo sommerso difficile da intercettare.
Lavoro di cura al centro del welfare familiare
Il fenomeno mette in luce la centralità sempre maggiore del lavoro di cura all’interno del welfare familiare italiano. In assenza di un sistema pubblico diffuso e capillare per l’assistenza agli anziani, le famiglie suppliscono con risorse proprie, affidandosi a badanti spesso selezionate per passaparola e senza mediazioni professionali. Questa dinamica, oltre a creare profonde disuguaglianze territoriali, accentua il peso economico e organizzativo sulle famiglie, in particolare su quelle monoreddito o a basso reddito.
Un’urgenza politica non più rinviabile
Il sorpasso delle badanti sulle colf deve diventare un tema politico centrale. Occorre pensare a politiche che valorizzino e tutelino il lavoro domestico, non solo in termini di regolarizzazione ma anche di formazione, protezione sociale e diritti. La sfida non riguarda solo il lavoro, ma il futuro del sistema di cura nel nostro Paese. L’invecchiamento della popolazione non è più un trend da monitorare, ma una condizione strutturale da governare.