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Forse qualcuno non ha capito cosa sarà per noi la corsa dell'inflazione

- di: Diego Minuti
 
Forse qualcuno non ha capito cosa sarà per noi la corsa dell'inflazione
Non oggi, ma solo tra qualche mese, le notizie di queste settimane sull'andamento dell'inflazione e sugli effetti che questo fenomeno ha sulla vita di noi tutti saranno riconsiderate nella loro effettiva gravità. Accadrà quando le famiglie italiane faranno i conti del peso dell'aumento tumultuoso dei prezzi e della situazione generale dei conti dello Stato, che non potranno restare tali in eterno, perché non appare percorribile in tempi brevi la sempre complessa strada di uno scostamento di bilancio, di cui tanto si è parlato di recente, ma più che altro da parte di chi, politico, doveva trovare una ipotetica fonte per le sue proposte, anche le più strampalate.

La delicata fase che stiamo attraversando, secondo le previsioni degli analisti e anche dei ''cervelli'' di Bruxelles e dintorni, non sarà replicata in eterno, poiché si ritiene che l'inflazione, che è fenomeno ciclico, dovrebbe cominciare a rallentare la sua corsa da qui a un tempo relativamente breve. 
Breve sì, ma non necessariamente al punto di non fare avvertire i suoi pesanti effetti.

Che sono evidenti o meno, a seconda di chi li subisce in prima battuta. Perché se una famiglia che prima spendeva, diciamo, mille euro al mese per acquistare un determinato quantitativo di beni necessari alla sua normalità, con l'inflazione al 7 o più per cento e potendo contare solo su un determinato gruzzoletto non potrà che tagliare le spese. Cosa questa che, moltiplicata per i milioni di nuclei familiari del Paese, lascia intuire le ricadute negative sull'ammontare dei consumi e, quindi, sulla nostra economia. 

Ma ogni discorso deve essere necessariamente attualizzato perché la situazione odierna - soprattutto legata alle spese energetiche - potrebbe andare avanti nonostante le misure del governo, perché le variabili - sempre in agguato quando si parla di economia - dipendono dalla situazione internazionale, che, mai come oggi, è pericolosamente vicina al baratro. 
In altri Paesi che non sono nell'eurozona l'inflazione la si sta combattendo con le armi tradizionali, innanzitutto l'aumento dei tassi, che però sono misure di medio termine, scoraggiando, ma non fermando il fenomeno. Ma la differenza sta da dove si parte. Gli Stati Uniti, ad esempio, hanno preso tremendamente sul serio il problema - come confermato dalla 'convocazione' del presidente della Federal reserve, Jerome Powell, appena confermato, da parte di Joe Biden - , ma a loro favore gioca un'economia che marcia spedita, con numeri significativi (come il calo costante delle richieste di sussidi di disoccupazione e come, parallelamente, la creazione costante di nuovi posti di lavoro) che rendono la situazione complessivamente più gestibile, anche se non se ne nasconde la gravità. 

In Italia, legata alle decisioni della Commissione europea e del braccio finanziario della Bce, è come se non ci avvedessimo del pericolo incombente e stiamo, a braccia conserte, in attesa che accada qualcosa, che potrebbe anche essere di grave danno per l'economia delle famiglie. 

Il governo, con i limiti oggettivi di bilancio,  non è che abbia molta libertà di movimento, ma al momento stenta a dare quei segnali che la gente si aspetta. La gabella sugli extra-introiti energetici è un primo segnale. Ma se si resta nel campo dei segnali non è che si possa sperare di risolvere i problemi.  
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