Cuffaro come Totò: da ''noio volevam savoir...'' a ''I am a drink''

- di: Bianca Balvani
 
Ammettiamolo: cosa sarebbe la vita senza attingere alla sapienza di persone come Totò Cuffaro? Come andare avanti, ad affrontare le peripezie quotidiane, senza dissetarsi alla fonte di saggezza, conoscenza e cultura che sgorga da una certa classe politica che, con sprezzo del pericolo, pur di colpire l'uditorio si lancia in estemporanee e pericolosissime citazioni, per precipitare, quindi, nel vortice degli sfottò?
E' accaduto quando, in giro per la sua Sicilia, a propagandare il suo partito, la Nuova Democrazia Cristiana, Cuffaro, folgorato da un ricordo che gli deve pure essere rimasto nel cuore e nella mente, ha voluto citare un suo (ma non solo suo) idolo, Martin Luther King, riprendendo una delle frasi che hanno fatto entrare nella storia il paladino dei diritti civili dei neri americani nell'olimpo.
''I have a dream'', disse il predicatore davanti alla folla, pensando al futuro che aspettava i suoi figli e a quello che per loro sognava. Troppo grande la tentazione di fare sfoggio di cultura, troppo impellente l'urgenza di lasciarsi sfuggire della mente quell'occasione per dire ''guardate, io certe cose le ricordo, le conosco e posso prenderne esempio''.

Cuffaro come Totò: da ''noio volevam savoir...'' a ''I am a drink''

Ma il diavolo ci ha messo la coda e quel ''I have a dream'', io ho un sogno, nel tragitto tra massa neuronale e bocca, è venuto fuori come ''I am a drink'', il cui significato, traducendo letteralmente (e non ci vuole un madrelingua...), è ammettere di essere ''un drink''. Oddio, anche essere una bevanda, possibilmente alcolica, può essere una aspirazione, un sogno custodito gelosamente, ma dirlo davanti ad una telecamera è forse troppo.
La stramba affermazione, questa è la legge della comunicazione ai tempi dei social e di internet, ha fatto il giro della Rete nel volgere di pochissimo tempo e Totò Cuffaro è stato crocifisso, inchiodato sull'altare del pubblico dileggio. Lui si è giustificato dicendo che in passato aveva citato molte volte Martin Luther King e sempre correttamente. Il caso ha voluto che, quando si è pavoneggiato davanti ad un obiettivo, gli sia partito lo sfondone, che probabilmente lo perseguiterà per molto tempo. Perché la memoria della Rete è perenne.

Eppure, lo ammettiamo, Totò ''vasa vasa'' (come era e forse è ancora chiamato Cuffaro per il vezzo di distribuire baci schioccanti sulle guance dei suoi supporter) ci fa tanta tenerezza, quasi simpatia perché in fondo è inciampato in un errore - essere vanesio - in cui tutti, prima o poi, cadiamo. Ma, pur se l'errore è di quelli che non si possono cancellare o perdonare, Cuffaro resta come un personaggio della commedia italiana, uno di quelli che non riesce a sfuggire alla possibilità di offrire di sé un'immagine migliore, non esitando a lanciarsi in spericolate allocuzioni o (come in questo caso) citazioni che, prima d'essere pronunciate, dovrebbero avere un timbro di aderenza totale alla realtà. Però Cuffaro non è, come parecchi suoi colleghi politici italiani, un signor nessuno perché, probabilmente dietro la sua scrivania di casa, campeggia la pergamena che ne attesta la laurea in medicina e chirurgia, presa ''veramente'', frequentando le aule universitarie e gli ospedali, senza scorciatoie care a qualcuno.

Ma anche lui - come ogni essere umano che, come diceva di sé Oscar Wilde, sa resistere a tutto fuorché alle tentazioni - ogni tanto incespica nel suo ''io'' e dice qualcosa che gli si ritorce contro.
Però, e lo diciamo non certo per consolarlo, un altro Totò fece lo stesso. Parliamo di quello ''vero'' che, sbarcando a Milano in compagnia del fido Peppino (il film era, appunto, ''Totò, Peppino e la malafemmina''), trovandosi davanti un ''ghisa'' e credendo quasi di essere non a Piazza Duomo, ma davanti a Buckingham Palace, esordì con un incipit entrato nella storia del cinema italiano: ''Noio volevam savoir l'indiriss...''.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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