La Basilica di San Pietro, cuore spirituale della cristianità, si prepara ad accogliere una delle più imponenti e partecipate cerimonie funebri degli ultimi decenni. In occasione dell’ultimo saluto a Papa Francesco, leader religiosi, capi di Stato e alte cariche istituzionali provenienti da ogni parte del mondo convergeranno a Roma, in un clima di lutto condiviso ma anche di grande attenzione geopolitica.
I grandi della Terra a San Pietro per Papa Francesco, ma non ci sarà Putin
La lista dei presenti è già lunghissima: Donald Trump e Joe Biden in rappresentanza degli Stati Uniti, Volodymyr Zelensky per l’Ucraina, Emmanuel Macron e Olaf Scholz per Francia e Germania, e ancora Ursula von der Leyen, Roberta Metsola, Keir Starmer, Javier Milei, Lula da Silva e i sovrani di Spagna.
Spiccano però anche due assenze altamente simboliche: quella del presidente russo Vladimir Putin e quella, almeno a livello di dichiarazioni ufficiali, del premier israeliano Benjamin Netanyahu. La Santa Sede, pur mantenendo la sua tradizionale equidistanza diplomatica, non ha nascosto il dispiacere per il silenzio di Mosca, che si limita a una nota del ministero degli Esteri. Netanyahu, dal canto suo, ha preferito non commentare pubblicamente, anche a fronte di recenti tensioni legate al conflitto in Medio Oriente. Israele sarà rappresentata dall’ambasciatore presso la Santa Sede e dal rabbino capo Riccardo Di Segni, che ha ottenuto una deroga allo Shabbat per poter partecipare alle esequie.
Un pontefice del dialogo internazionale
Il papa argentino, primo sudamericano e primo gesuita a salire al soglio pontificio, ha fatto della diplomazia vaticana uno strumento di dialogo globale. Le sue aperture nei confronti della Cina, i ripetuti appelli alla pace in Ucraina e la ferma condanna dei conflitti dimenticati in Africa e Medio Oriente hanno ridisegnato il ruolo del Vaticano come attore morale e politico nella scena internazionale. Non a caso, Pechino ha ricordato con favore i “contatti costruttivi” avuti con la Santa Sede durante il suo pontificato, lasciando intendere che il dialogo proseguirà anche dopo la sua morte.
Il cordoglio ufficiale di Washington e le frizioni europee
Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha espresso “profonda vicinanza alla comunità cattolica mondiale”, definendo Francesco “una guida spirituale e morale anche per chi non condivideva la sua fede”. Anche le principali cancellerie europee hanno fatto pervenire messaggi di cordoglio, ma il contesto attuale, segnato dalle elezioni imminenti nell’UE e da frizioni interne sul dossier migranti e sulla guerra in Ucraina, dà alle presenze a Roma un significato ulteriore. Chi sarà seduto accanto a chi, chi parlerà con chi, e quali dichiarazioni emergeranno a margine delle esequie saranno dettagli osservati con attenzione dai media e dagli osservatori internazionali.
Il ruolo della Santa Sede nella diplomazia futura
La scomparsa di Papa Francesco apre inevitabilmente interrogativi sul ruolo che la Santa Sede intenderà giocare nei prossimi anni sul piano internazionale. Il Conclave che si aprirà entro il 10 maggio sarà chiamato non solo a scegliere un nuovo pontefice, ma anche a delineare un nuovo indirizzo strategico in materia di relazioni globali. I dodici cardinali considerati papabili esprimono sensibilità diverse: alcuni più attenti alla dimensione pastorale, altri più inclini a mantenere il profilo diplomatico alto e attivo tracciato da Francesco.
Un lutto che è anche rito globale
La presenza a Roma di figure come Trump, Macron, Lula, Starmer e Scholz rende evidente che le esequie di Papa Francesco sono ben più di un rito religioso. Sono un momento di confronto simbolico tra le diverse anime del mondo, un’occasione per riscoprire il significato di una comunità planetaria che, almeno per un giorno, si raccoglie attorno a un uomo che ha parlato a tutti, credenti e non, con il linguaggio universale della compassione, della giustizia e della pace.