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Dai cinque continenti a Roma, ma il Giubileo piange Pascale

- di: Jole Rosati
 
Dai cinque continenti a Roma, ma il Giubileo piange Pascale
Da 146 Paesi per cantare la fede a Tor Vergata. La morte della 18enne egiziana segna la festa. Il Papa incontra gli amici: “È umano piangere”.

Era partita dal Cairo con la speranza di vivere un evento che avrebbe ricordato per sempre. Pascale Rafik Mounir, 18 anni, cristiana copta, cardiopatica fin da bambina, non aveva voluto rinunciare al sogno di esserci, a Roma, per il Giubileo dei Giovani 2025. È morta nella notte tra venerdì e sabato, su un pullman che la riportava ad Artena, in provincia di Roma. Un arresto cardiaco, il secondo malore in poche ore. La corsa verso l’ospedale di Valmontone, poi il trasferimento verso Colleferro. Ma non ce l’ha fatta.

A venticinque anni dalla Giornata Mondiale della Gioventù del 2000, la spianata di Tor Vergata si era di nuovo riempita di volti, canti e speranze. Ragazzi e ragazze da 146 Paesi, oltre un milione e mezzo di presenze secondo la Protezione civile, hanno invaso Roma in una settimana che è apparsa come una sintesi della Chiesa universale. Eppure, proprio nel momento in cui la festa sembrava raggiungere il suo culmine, il Giubileo si è fermato per un istante. A piangere Pascale.

Una festa planetaria con il cuore in lutto

Lo chiamano “l’abbraccio dei cinque continenti”. Le immagini arrivate da Tor Vergata raccontano un’umanità giovane che canta, balla, prega, si scambia bandiere, braccialetti e sorrisi. Una “woodstock cattolica”, dove le differenze culturali si annullano sotto il cielo della fede condivisa.

Pascale era arrivata con la delegazione Egitto–Sud Sudan. Il primo malore era arrivato il mattino di venerdì 1° agosto. Portata in ospedale, era stata dimessa. “Non sembrava grave”, ha detto un responsabile del gruppo. Ma in serata, mentre il pullman rientrava ad Artena, Pascale ha perso conoscenza. L’autista ha deviato verso il Valmontone Hospital. Non è bastato. Il cuore di Pascale si è fermato prima ancora che l’ambulanza potesse raggiungere Colleferro.

L’abbraccio del Papa ai compagni

Appresa la notizia, Papa Leone XIV ha chiesto subito di incontrare i compagni di Pascale. L’incontro è avvenuto sabato 2 agosto in Vaticano, in forma privata. “È umano piangere, ma per chi crede la morte non è la fine. Pascale è con Dio, e la sua fede oggi ci parla più delle nostre parole”, ha detto il Papa. Le immagini mostrano giovani in lacrime, abbracciati tra loro. Il Papa ha pregato con loro in arabo e in latino. Ha parlato di fragilità come strada per incontrare l’altro.

Monsignor Jean-Marie Chami ha parlato di Pascale come di “una ragazza determinata, che non ha voluto lasciarsi bloccare dalla malattia. Sapeva che poteva essere rischioso, ma per lei essere qui era più importante”.

I romani aprono le case, i giovani aprono i cuori

Nel frattempo, la festa continua. Ma con una consapevolezza nuova. Roma ha risposto con una generosità straordinaria: migliaia di famiglie hanno aperto le porte di casa per ospitare i pellegrini. “È la Roma che ci piace raccontare”, ha detto il sindaco Roberto Gualtieri, “una città viva, accogliente, capace di abbracciare il mondo anche quando ci si presenta in tutta la sua fragilità”.

In mezzo alla folla si mescolano i canti dei giovani coreani, le danze degli africani, le chitarre dei sudamericani, le preghiere silenziose dei ragazzi dell’Est. C’è anche un gruppo di rifugiati, arrivati da Libia e Sudan. “Pregare qui è una forma di resistenza. Un atto di speranza radicale”, dice padre Antoine Alan.

Una linea che unisce i Papi e le generazioni

Dalla spianata di Tor Vergata, i giovani invocano Papa Leone come una rockstar. È l’effetto della “linea rossa” che unisce i Papi ai giovani da Giovanni Paolo II in poi. “Vi amo perché siete vivi”, ha detto Leone nel suo messaggio d’apertura, riprendendo e aggiornando le parole dei predecessori.

Un altro mondo, più possibile di quanto sembri

Al di là della tragedia, il Giubileo dei Giovani 2025 si sta rivelando anche un laboratorio di pace. Dalla Siria alla Terra Santa, ogni gruppo ha portato con sé un frammento di dolore e una preghiera di pace. Nessuna dichiarazione diplomatica, ma gesti. Nessuna bandiera politica, ma un tessuto umano che rifiuta l’indifferenza.

I numeri ufficiali parlano di circa 1.500.000 presenze, 200 confessionali installati, 8.000 volontari in servizio, 350 casi sanitari trattati, nessuna criticità grave. Tutto è filato liscio, salvo la tragedia di Pascale. Ma proprio quella assenza, quel posto vuoto su un prato affollato, rende tutto più vero.

Il mondo è arrivato a Roma per cantare la fede. Ma anche per scoprire che non si crede da soli. E che, a volte, è proprio chi se ne va troppo presto a insegnarci cosa significa esserci davvero.

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