Gb: Thames Water, senza soldi, minaccia di chiudere i rubinetti ai londinesi

- di: David Lewis
 
Era una cosa nell'aria, perché le grandi aziende che forniscono servizi, nel Regno Unito, sono da tempo in difficoltà, una condizione che s'è aggravata negli ultimi anni e che si è tradotta in un calo quasi verticale delle prestazioni erogate. Con picchi di disumanità nei quali non ci riconosciamo. Come quando tutto il Paese è insorto contro le squadre di esattori delle aziende fornitrici di gas o elettricità che, con la forza, entravano nelle case e bloccavano i contatori nel caso del mancato pagamento delle bollette, cosa ormai resa frequente dalla crisi economica che non si risolve certamente con i progetti e le promesse. Per questo la notizia che Thames Water, il più grande fornitore di acqua della Gran Bretagna, è in crisi economica profonda ha colpito, ma in fondo non ha sorpreso, perché troppi erano stati i segnali che l'avevano anticipata. La notizia è infatti arrivata solo poche ore dopo che il CEO Sarah Bentley, in carica da tre anni, si è dimesso, dopo essersi impegnata a affrontare una montagna di problemi, a cominciare dalla vetustà della rete delle infrastrutture (Thames Water afferma che circa il 24% dell'acqua che fornisce ai clienti viene persa a causa di perdite) e ridurre l'inquinamento nei fiumi, un retaggio di investimenti insufficienti.

Gb: Thames Water, senza soldi, minaccia di chiudere i rubinetti ai londinesi

Senza volere fare dell'umorismo involontario, Thames Water è semplicemente in crisi (non di liquidità, ha in pancia oltre 4 miliardi), al punto che, uscendo dall'ordinarietà di una gestione economica complessa viste le dimensioni, ha detto ai suoi investitori che è tempo di mettere mano al portafoglio e tirare fuori nuovi soldi.

Thames Water, per chi vive a Londra, è più che la semplice intestazione sulle bollette ai suoi quindici milioni di clienti (tra la Capitale e il sud-est dell'Inghilterra). Era la certezza della bontà di un servizio, che può proseguire - ci dicono oggi - solo con un'altra consistente iniezione di soldi, che dia una tregua a fronte di una situazione debitoria che, a noi, persone normali, fa paura: 14 miliardi di sterline di debiti.
Una montagna che certo preoccupa i suoi investitori, che appena pochi mesi fa (era marzo) hanno già fatto arrivare nelle casse di Thames Water pericolosamente vuote mezzo miliardo di sterline, che oggi si stanno dimostrando insufficienti anche solo a tamponare la falla.

Come da copione, l'azienda cerca di attenuare l'impatto emozionale delle sue ultime iniziative, come quando dice che "sta continuando a lavorare in modo costruttivo con i suoi azionisti in relazione al finanziamento azionario che dovrebbe essere necessario per sostenere i piani di turnaround e di investimento di Thames Water". Che, a pensarci bene, sembra un modo per prendere tempo, senza mettere una base solida su cui poggiare un piano di risanamento e rilancio. Così come appare scontata la precisazione che terrà ''completamente informato'' (e ci sarebbe pure mancato...) il regolatore del settore idrico Ofwat, aggiungendo di avere una "forte posizione di liquidità", inclusi 4,4 miliardi di sterline in contanti. Una affermazione che, per chi conosce poco o nulla della conduzione di una società come Thames Water, induce a ulteriore confusione.
Mentre le notizie si moltiplicano, c'è qualcuno di buonsenso che guarda oltre e cerca di pensare a come intervenire, a come evitare che il tracollo di una azienda che, fino a qualche anno fa, era un miracolo di efficienza e (anche) redditività. Non parliamo dei colloqui, anche a livello governativo, ma delle ipotesi che vengono messe sul tavolo, come quella che pensa a fare di Thames Water un'azienda in un regime di amministrazione straordinaria, un escamotage che la trasformi in proprietà pubblica temporanea. Ma questa eventuale passaggio passa necessariamente dalla società e dai suoi azionisti.

L'attuale compagine societaria verde l'Ontario Municipal Employees Retirement System (un fondo d'investimento canadese) detenere una quota di circa il 32%. L'Universities Superannuation Scheme, un fondo pensione per il personale accademico delle università del Regno Unito, ha quasi il 20% delle azioni. Altri grandi investitori includono i fondi sovrani cinesi e di Abu Dhabi, nonché la British Columbia Investment Management Corporation (altro fondo canadese), che investe per conto dei lavoratori del settore pubblico. Quella di Thames Water è una crisi di settore: le compagnie idriche britanniche hanno accumulato debiti per oltre 60 miliardi di sterline, da quando, una trentina di anni fa, sono state privatizzate.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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