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Gaza sotto assedio, Pizzaballa: “La fame è usata come arma”

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Gaza sotto assedio, Pizzaballa: “La fame è usata come arma”

Gli Stati Uniti hanno posto il veto alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiedeva un cessate il fuoco immediato a Gaza. La decisione, giunta mentre la Striscia resta isolata e senza aiuti umanitari, ha segnato un nuovo punto di rottura nelle relazioni internazionali sul conflitto mediorientale. L’ambasciatrice Usa Dorothy Shea ha definito la proposta “inaccettabile” e ha chiarito che, per Washington, “Hamas e altri terroristi non devono avere un futuro a Gaza”.

Gaza sotto assedio, Pizzaballa: “La fame è usata come arma”

Parole che tengono inchiodata la diplomazia e che rafforzano la linea dura di Israele, mentre il Regno Unito apre all’ipotesi di sanzioni. Ma nel vuoto istituzionale e nell’assordante stallo delle cancellerie, è la voce del cardinale Pierbattista Pizzaballa a offrire la lettura più netta: “La fame è usata come arma di guerra”.

Lo scontro al Palazzo di Vetro

Il voto all’Onu ha cristallizzato una profonda spaccatura tra Stati Uniti e il resto del Consiglio. Il testo, proposto da Paesi arabi e sostenuto da molte nazioni europee, chiedeva l’interruzione immediata delle ostilità e l’apertura di corridoi umanitari. Washington si è opposta, ribadendo che “nessun accordo può essere possibile finché Hamas resta un attore attivo nel conflitto”.

Il veto ha provocato irritazione tra gli alleati, con Londra che ha definito le operazioni militari israeliane “controproducenti e intollerabili”. Il premier Starmer ha dichiarato che il Regno Unito sta valutando “misure coordinate con gli alleati”, lasciando intendere che anche Tel Aviv potrebbe essere oggetto di sanzioni. Intanto, la Croce Rossa Internazionale parla di “inferno sulla Terra” e denuncia il collasso della rete sanitaria nella Striscia.

Aiuti fermi, Gaza isolata

Il blocco degli aiuti è totale. La Gaza Humanitarian Foundation, una delle poche organizzazioni ancora operative, ha annunciato che i propri centri non riapriranno questa mattina come previsto, per motivi tecnici legati alla sicurezza e alla manutenzione. Non è chiaro quando le attività riprenderanno. La popolazione, intanto, resta senza rifornimenti essenziali: acqua, energia elettrica, alimenti e farmaci sono quasi esauriti.

Secondo dati delle Nazioni Unite, il 92% delle infrastrutture civili è stato danneggiato o distrutto. Le scuole sono diventate rifugi, le cliniche hanno smesso di funzionare e decine di migliaia di sfollati sono costretti a spostarsi ogni giorno nella speranza di trovare una zona meno colpita. Le immagini che arrivano da Gaza raccontano una catastrofe quotidiana senza tregua.

Pizzaballa: “La guerra manipola le emozioni”

In questo contesto è risuonato con forza l’intervento del cardinale Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme. “La fame – ha detto – è usata come un’arma. Ogni parte del conflitto strumentalizza il dolore, le immagini, la paura. Le emozioni diventano strumenti di battaglia”.

Le sue parole, rilanciate anche da alcuni media israeliani e palestinesi, hanno scosso il dibattito religioso e culturale sulla guerra. Secondo il porporato, il conflitto non si sta giocando solo sul campo, ma anche nell’immaginario collettivo, dove la sofferenza viene monetizzata e manipolata a fini strategici. Una denuncia che si colloca in una lunga tradizione di mediazioni ecclesiastiche, ma che assume oggi un significato particolarmente cupo: non si combatte solo per il controllo di Gaza, ma per il monopolio del racconto.

Tra propaganda e silenzio

Mentre le cancellerie occidentali appaiono paralizzate e le risoluzioni internazionali si infrangono sui veti, la guerra continua a produrre rovine fisiche e morali. Le testimonianze di operatori umanitari e giornalisti locali parlano di attacchi indiscriminati, blackout totali, quartieri scomparsi. Ma nella battaglia per l’opinione pubblica, a prevalere è la logica della rappresentazione: chi mostra meglio il dolore, chi comunica meglio la morte.

Il rischio, come ammonisce Pizzaballa, è che la guerra perda ogni contatto con la realtà concreta delle vittime, diventando solo spettacolo, strategia, calcolo. E nel frattempo, Gaza soffoca sotto le macerie.

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