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Nuova legge sulla caccia, il governo accelera: ambientalisti sul piede di guerra

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Nuova legge sulla caccia, il governo accelera: ambientalisti sul piede di guerra
Il governo ha presentato una bozza di riforma destinata a riaccendere lo scontro sulla caccia. Il disegno di legge, composto da diciotto articoli, interviene sulla storica legge 157 del 1992, che da oltre trent’anni regola l’attività venatoria in Italia. Si tratta di una riscrittura profonda: tra le novità più discusse ci sono la ridefinizione delle armi ammesse, la modifica delle giornate consentite per la caccia, l’estensione delle possibilità di trattenere gli animali uccisi, in particolare i cinghiali. Un pacchetto che l’esecutivo definisce necessario per una “gestione più efficace della fauna”, ma che per le associazioni ambientaliste rappresenta un attacco senza precedenti al patrimonio naturale del Paese.

Nuova legge sulla caccia, il governo accelera: ambientalisti sul piede di guerra

Nel testo si legge un’estensione dettagliata del ventaglio di armi consentite. Vengono confermati fucili a canna liscia e rigata, archi, e perfino falchi, ma con nuove soglie sulla capienza dei caricatori. Per la caccia al cinghiale si arriva fino a cinque colpi, un limite che preoccupa chi teme un’escalation di impatti negativi sugli ecosistemi. La norma stabilisce inoltre criteri più permissivi per alcune tipologie di armamento, accendendo l’allarme di chi da anni denuncia il rischio di una deriva permissiva che annacqua il controllo sull’uso delle armi.

Tre giorni a settimana, ma con più autonomia per le Regioni

Altro punto caldo è la ridistribuzione temporale dell’attività venatoria. Il testo prevede che si possa cacciare fino a tre giorni alla settimana, lasciando però alle Regioni la facoltà di lasciare liberi i cacciatori nella scelta dei giorni. Viene confermata la sospensione obbligatoria nelle giornate di martedì e venerdì. Gli ambientalisti temono che questa elasticità, apparentemente neutra, finisca in realtà per aumentare la pressione sugli habitat e vanificare la funzione di riposo biologico che le giornate di divieto garantivano.

Cinghiali, agricoltori e carne da trattenere: torna l’ombra del conflitto d’interessi

Particolarmente controversa è l’introduzione della possibilità, per gli agricoltori e i proprietari di fondi muniti di licenza, di trattenere i cinghiali abbattuti durante le operazioni di controllo. La misura è presentata come una forma di compensazione economica per i danni subiti, ma Legambiente e altre sigle la considerano un precedente pericoloso. “Si apre la porta a un vero e proprio mercato della carne selvatica”, afferma Stefano Ciafani, presidente di Legambiente (nella foto), “in assenza di controlli adeguati e con evidenti rischi per la sicurezza alimentare”.

Legambiente: “Un testo che normalizza il bracconaggio”

Le critiche non si limitano ai dettagli tecnici. Legambiente parla esplicitamente di una “normalizzazione del bracconaggio”, accusando il governo di voler cancellare sessant’anni di politiche ambientali e calpestare l’articolo 9 della Costituzione, che dal 2022 tutela espressamente gli animali e gli ecosistemi. “Nel giorno dell’anniversario della legge sui delitti ambientali – ha dichiarato Ciafani – questo testo rappresenta uno sfregio alla civiltà giuridica”. L’associazione chiede che il Parlamento blocchi l’iter e si impegni piuttosto per sanzionare seriamente i crimini contro la fauna.

Opposizione sul piede di guerra: “Un regalo ai cacciatori”

Anche dalle opposizioni arrivano parole dure. Eleonora Evi, deputata del Partito Democratico, accusa il governo di accanirsi contro la fauna selvatica per motivi ideologici, mentre Luana Zanella (AVS) promette battaglia in Aula. La capogruppo ecologista ha annunciato una proposta per abrogare l’articolo 842 del Codice civile, che consente ai cacciatori di entrare nei fondi privati senza consenso. “La proprietà privata – sostiene – è sacra per tutto tranne che per la caccia: è tempo di rivedere questa anomalia giuridica”.

Un testo divisivo che riapre una frattura profonda

Nel merito e nel metodo, la riforma segna un cambio di passo netto. I promotori la leggono come una risposta alla necessità di gestire in modo più efficace la fauna, specie in territori colpiti dalla sovrappopolazione di cinghiali. Per gli ambientalisti, invece, si tratta di un attacco frontale alla biodiversità e ai principi costituzionali. Il Parlamento dovrà ora confrontarsi su un testo che, al di là delle armi e dei giorni di caccia, rimette in discussione l’intero rapporto tra uomo, natura e legge.
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