Sulle intercettazioni si rischia una guerra di religione

- di: Diego Minuti
 
Partendo per l'Algeria, dove il presidente del consiglio è impegnato in una importantissima missione, Giorgia Meloni si è lasciata alle spalle, sia pure per poche ore, le polemiche che stanno accompagnando la linea durissima che il guardasigilli, Carlo Nordio, vuole tenere per mettere ordine nella delicatissima materia delle intercettazioni.
È un argomento, come appena accennato, molto delicato, nel quale, nel momento in cui Nordio ha deciso di parlarne a poche ore dalla cattura di Matteo Messina Denaro, si innestano sensibilità diverse tra chi (magistratura inquirente) le dispone e le usa ai fini di una indagine e chi, di contro, le subisce.

Sulle intercettazioni si rischia una guerra di religione

Il nodo della vicenda è abbastanza chiaro: Nordio, con una buona dose di ragione, sostiene che talvolta (per lui troppo spesso) le intercettazioni che non riguardano direttamente gli indagati finiscono sui giornali, anche se non hanno alcuna attinenza con gli atti dell'indagine. Questo per lui sostanzia una barbarie, in cui il diritto viene vilipeso da chi usa le intercettazioni per fini diversi da quelli di giustizia.
Le contro-tesi dell'opposizione sono abbastanza scontate: se lo Stato non avesse avuto lo strumento delle intercettazioni molte delle inchieste che hanno contribuito a porre la mafia in una posizione di oggettiva debolezza rispetto al passato non avrebbero nemmeno potuto avere inizio.

Lo è a maggior ragione oggi quando Matteo Messina Denaro si trova rinchiuso in una cella del carcere di massima sicurezza dell'Aquila. Poi, aggiungono i contrari alla linea di Carlo Nordio, il fatto che le intercettazioni continueranno a potere essere utilizzate solo nelle indagini, oltre che per terrorismo, per mafia non tiene conto del fatto che la criminalità organizzata ormai è la stessa che muove capitali e investe, oltre a condizionare appalti pubblici, reati che (rappresentando l'elemento di contiguità tra mafia e colletti bianchi) resterebbero al sicuro, se passasse la linea del guardasigilli.

Le intercettazioni, di per sé, come una rete a strascico, sono uno strumento che raccoglie tutto quello che finisce sui nastri e il pubblico ministero sa benissimo che in esse probabilmente finiranno anche frasi e considerazioni di persone estranee all'inchiesta. Questo però è già regolato dalla cosiddetta legge Orlando che vieta la pubblicazione anche solo di stralci di conversazione che riguardano persone la cui posizione è chiaramente estranea a quella degli indagati. Quindi esiste già una barriera alla pubblicazione di atti non riconducibili direttamente a chi è oggetto dell'inchiesta. Ma questo non hai impedito negli anni che frammenti di dialoghi al telefono o ''rubati'' da cimici siano finite sui giornali o nei talk show televisivi senza alcun filtro, alimentando in questo modo il sospetto di un uso strumentale quando non addirittura politico delle stesse intercettazioni.

Il problema quindi non è sulla impossibilità di frenare la pubblicazione di intercettazioni. Il problema sono quei pm che non rispettano quel che dice la legge in materia di pubblicazione delle intercettazioni. Poi, però, ci sono le posizioni di Nordio - sprezzante, lui che un ex pm, contro i pubblici ministeri antimafia, davanti ai quali il parlamento non può, ha detto, restare supino - e quelle di alcuni partiti che, da decenni, conducono battaglie contro le Procure, disprezzando l'intero ordine giudiziario, anche quando le sentenze sono in giudicato, dando ad intendere della presenza di una rete di giudici e pm che fanno solo battaglie politiche. Il paradosso di questa situazione, che rischia di avere risvolti e conseguenze incalcolabili, è che a fare da pompiere è intervenuto Matteo Salvini, che ha detto che non è il momento di guerre di religione.
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