Come ormai da tradizione, Papa Francesco ha scelto di celebrare il Giovedì Santo tra le mura di un carcere. Quest’anno la visita è avvenuta nel penitenziario romano di Regina Coeli, dove il pontefice è stato accolto da una lunga ovazione da parte dei detenuti. Il clima è stato quello di un incontro autentico, privo di retorica, costruito sul linguaggio universale della vicinanza e del perdono. “Con voi anche quest’anno”, ha detto Francesco, con voce semplice e diretta, segnando la continuità di un gesto pastorale che ha assunto nel tempo un valore altamente simbolico: portare la Chiesa laddove si soffre, si spera, si espia e spesso si è dimenticati.
Papa Francesco a Regina Coeli, il Giovedì Santo tra i detenuti: “Con voi anche quest’anno”
A dare il senso profondo della visita sono state le parole del cappellano del carcere, che ha descritto il pontefice come “un uomo che ha il volto della sofferenza”. Un volto che i detenuti riconoscono come simile al proprio, capace di attraversare le barriere delle divise e dei reati, per farsi prossimo a ciascuno. Durante la liturgia della Coena Domini, Francesco ha ripetuto il rito della lavanda dei piedi, inginocchiandosi davanti a dodici reclusi. Un gesto di umiltà radicale, che rovescia la logica del potere e rimette al centro il Vangelo dell’accoglienza e della misericordia. I presenti hanno reagito con emozione palpabile, in molti casi con lacrime e sguardi increduli.
Il valore spirituale di una visita “fuori dai palazzi”
Fin dall’inizio del suo pontificato, Jorge Mario Bergoglio ha voluto rompere con la prassi più formale del Vaticano, scegliendo di trascorrere i momenti più intensi del calendario liturgico accanto agli ultimi. Il carcere è diventato per lui uno spazio privilegiato non solo per annunciare la parola di Dio, ma anche per denunciare l’ingiustizia di un sistema che spesso punisce senza riabilitare. In un passaggio del suo discorso, Francesco ha ricordato che “nessuno è definito per sempre dal proprio errore”, ribadendo il valore della dignità umana anche nei contesti più duri. Le sue parole, ascoltate in silenzio assoluto, hanno risuonato come un appello alla speranza.
Una comunità ferita che cerca ascolto
Regina Coeli è uno dei luoghi simbolo della detenzione in Italia. Affollato, spesso sotto pressione, rappresenta bene le difficoltà strutturali del sistema penitenziario nazionale. La visita del Papa ha dato voce a una comunità che si sente abbandonata, dove spesso le condizioni di vita sono precarie e il senso della pena come riscatto è smarrito. Francesco ha incontrato anche gli agenti di polizia penitenziaria e il personale sanitario, ringraziandoli per il lavoro quotidiano svolto “in un equilibrio difficile tra sicurezza e umanità”. Ha voluto ascoltare storie individuali, ha pregato per le famiglie dei detenuti e ha chiesto alle istituzioni di non dimenticare chi vive ai margini della società.
Il Giovedì Santo che attraversa le celle del mondo
Il gesto di Francesco ha una portata che va oltre Regina Coeli. Ogni anno, la scelta di celebrare in carcere diventa un segno rivolto alla Chiesa intera e all’opinione pubblica: il Vangelo non si custodisce nei palazzi, ma si incarna nelle periferie. Le immagini del Papa tra i detenuti hanno fatto il giro del mondo, suscitando reazioni commosse anche oltre i confini italiani. Per il pontefice, il carcere non è solo un luogo da visitare, ma un terreno di missione, uno spazio dove il cristianesimo si misura con la sua radicalità. In una società sempre più escludente, il Papa rilancia la forza del perdono e della prossimità, come antidoti alla cultura dello scarto. Anche quest’anno, il Giovedì Santo ha avuto il volto dei reclusi e la voce di chi non smette di sperare.