La nostra biblioteca - Pasqualetto - Trevisan - ''Di vento e di terra'' - Gardini, visionario e ardimentoso fino al suicidio liberatorio

- di: Diego Minuti
 
Sono passati quasi trent'anni e, nella sua tragicità, il suicidio di Raul Gardini resta una delle pagine più buie del periodo di mezzo del Paese, tra il vecchio modello della politica italiana e quella, imbellettata e sotto i riflettori, nata con l'irruzione di Silvio Berlusconi sulla scena.
Gardini nei ristretti ed elitari circoli della finanza restava il ''contadino'', un soprannome che in un certo modo rendeva onore al suo senso pratico. Un approccio agli affari che, almeno inizialmente, ne connotò le mosse per lasciare, poi, il posto ad una ambizione che, senza alcun freno, lo portò al dissolvimento del suo impero economico, fino all'autodistruzione.
Una vita, la sua, condotta sempre al massimo, nella finanza così come nelle ambizioni che lo portarono a cercare di affermarsi ovunque, compresa la vela, con il sogno del ''Moro'', tramutatosi in un delirio di perseguita onnipotenza. Poi la resa dei conti, l'epilogo che affidò ad una pistola che si puntò alla tempia, sparandosi il 23 luglio del 1993, sapendo che, di lì a poco, avrebbe sentito bussare alla sua porta qualcuno arrivato per arrestarlo.

La nostra biblioteca - Pasqualetto - Trevisan - ''Di vento e di terra''

Una cosa che non poteva accettare e che, per chi lo conosceva bene, era la normale conclusione di una parabola cominciata e finita, sempre impetuosamente.
Andrea Pasqualetto e Lucio Trevisan con ''Di vento e di terra'' (Solferino - pag.320 - 18,50 euro) raccontano la storia di Raul Gardini indugiando sul lato più avventuroso, quello che lo portò, una volta arrivato alla guida (forse a lui sarebbe piaciuto più ''al timone'') del gruppo Ferruzzi - del capostipite, Serafino, aveva sposato la primogenita Idina e con lei anche l'azienda di famiglia -, a lanciarsi in ogni tipo di impresa, di avventura, di speculazione di cui fosse convinto.

Si innamorava delle sfide e di questo Gardini faceva anche la sua forza, dimostrando a tutti - a cominciare dagli avversari e da chi non perdeva occasione per denigrarlo, considerandolo un parvenu nel salotto buono della finanza - che non aveva limiti, per il semplice motivo che non poteva nemmeno pensare di averne.
Ma per raggiungere i suoi obiettivi Gardini si accorse di non potere fare dei compromessi, a cominciare da quelli con la classe politica che considerava composta, nella quali totalità, da rapaci che pensavano solo ad ingrassarsi economicamente. Gardini, quindi, cominciò a pagare i debiti di riconoscenza verso chi lo aiutava nelle sue scalate, con una disinvoltura figlia del disprezzo. Ma la corsa al successo si impennò troppo e, come Icaro, la discesa fu disastrosa, perché Gardini si ritrovò da solo, con la compagnia di una pistola e dell'ultima pallottola.

Forse, davanti agli occhi, Gardini vide sfilare le parole usate da Gabriele Cagliari, presidente dell'Eni, per motivare il suo suicidio in carcere: "Siamo cani in un canile dal quale ogni Procuratore può prelevarci per fare la propria esercitazione e dimostrare che è più bravo o più severo di quello che aveva fatto un'analoga esercitazione alcuni giorni prima o alcune ore prima. [...] Stanno distruggendo le basi di fondo e la stessa cultura del diritto, stanno percorrendo irrevocabilmente la strada che porta al loro Stato autoritario, al loro regime della totale asocialità. Io non ci voglio essere''.

Una salita al calvario che forse il ''contadino'' non voleva cominciare, preferendo farla finita, nella sua casa milanese, un palazzo settecentesco che, alla notizia della sua morte, fu assediato da giornalisti e troupe televisive. Una parabola umana che resta ancora imperscrutabile perché anche oggi resta difficile capire come un uomo delle capacità imprenditoriali di Raul Gardini non abbia avuto la freddezza di fermarsi, accorgendosi che il castello delle sue illusioni era sul punto di crollare. Ma quel Gardini del gruppo Ferruzzi-Enimont era lo stesso che poi guardava al mare come all'elemento in cui il coraggio del singolo viene riconosciuto, perché l'elemento naturale non ti consente errori. E lui forse, guardando quella meraviglia della tecnologia e dell'eleganza che era il ''Moro'', forse si sentiva libero da tutto, anche dalla ricchezza.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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