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Pnrr: troppe parole, ora è il momento della chiarezza

- di: Redazione
 
Pnrr: troppe parole, ora è il momento della chiarezza
Dove sono finite le speranze che il Piano nazionale di ripresa e resilienza aveva alimentato, quasi che fosse un pozzo di san Patrizio di miliardi e miliardi, gentilmente concessi (ma nemmeno tanto) dall'Europa ai Paesi usciti stremati dalla pandemia?
Perché quelle speranze sembrano essersi perse per strada, almeno per molti dei soggetti che dovevano beneficiare dei fondi europei, per colpe di chi doveva presentare progetti e di chi, chiamato a verificarne la congruità e le finalità, non ha fatto per tempo e bene i compiti per casa?
Ora la situazione è a un bivio, perché se il governo cerca di spandere tranquillità e fiducia (sul Pnrr, ha detto il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto, ''c'é la necessità della massima attenzione, non c'é allarme". ''Abbiamo delle tempistiche dettate dalla legge" e poi il Piano è stato "concepito" come risposta al Covid, ma ora il quadro è cambiato), l'opposizione teme che il tempo perso sino ad oggi sia difficilmente recuperabile e che, quindi, parecchi progetti andranno a finire nel sempre pieno libro dei sogni.

Pnrr: troppe parole, ora è il momento della chiarezza

Forse la situazione non è totalmente compromessa. Occorrerebbe un deciso cambio di velocità che però, per l'opposizione, è molto lontano dall'arrivare. Come dice Piero De Luca, capogruppo dei democratici nella commissione Politiche Ue alla Camera: "il Piano è fermo al palo. Il pagamento della terza rata è stato congelato e sui prossimi step del cronoprogramma di investimenti e riforme non c'è alcuna chiarezza da parte dell' esecutivo. Così come nessuna notizia arriva dal governo su eventuali modifiche che ha annunciato di voler apportare al Recovery Plan".
Insomma, stallo totale, almeno per i democratici e questo andrebbe a colpire soprattutto quegli enti che, facendosi carico della fase progettuale, si aspettavano che i governi che hanno presieduto al Pnrr agissero al massimo della loro capacità.

Ma, occorre dirlo, anche noi italiani (suddivisi in partiti, enti, comitati e chi più ne ha, più ne metta) ce la mettiamo tutta per farci del male. Come, ad esempio, sta accadendo per lo stadio di Firenze, l'Artemio Franchi, per il quale, a fronte di un progetto di ristrutturazione e riqualificazione, sono stati previsti costi per 200 milioni di euro, 70 dei quali da attingere ai fondi del Pnrr.
Dov'è il problema? Semplice. Lo stadio fu progettato, negli anni '30, dall'ingegnere Pier Luigi Nervi ed è un'opera architettonica d'eccellenza, almeno per il periodo in cui fu realizzato. La sua riqualificazione, però, a detta della famiglia Nervi, lo snaturerebbe, cancellandone il valore storico.
E' solo un esempio di come come Paese siamo bravissimi a complicarci la vita, a non considerare che, lo insegna la fisica, ad ogni azione può corrispondere una reazione che, come nel caso di progetti, non può essere sottovalutata. Per fortuna in casi del genere, a soccorrere l'italico popolo arriva sempre Matteo Salvini, con il suo ottimismo, come quando spiega che sta controllando, lui, ogni singola voce del Pnrr e dei suoi obiettivi, aggiungendo che comunque, con il nuovo codice degli appalti, il settore finalmente decollerà.

Ma, siccome proprio non ce la fa ad accontentarsi di quel di cui può vantarsi, Salvini non ha perso l'occasione per dire che se ''la Cgil annuncia lo sciopero, vuol dire che è fatto bene''. Un modo come un altro per abbassare la tensione e rasserenare il clima quando dovrà sedersi intorno ad un tavolo per confrontarsi con i sindacati.
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