La giornata in una frase
Dal Cremlino arriva un messaggio doppio e volutamente tagliente: o si discute “seriamente” alle condizioni russe, oppure Mosca sostiene di essere pronta a spingere ancora sul terreno. Dall’altra parte, Kiev legge la stessa scena come la prova che la Russia non sta affatto rallentando e prepara una campagna lunga.
Il lessico dell’escalation: l’attacco all’Unione europea
Il punto politico (e comunicativo) è tutto nel bersaglio: l’Europa. In un intervento pubblico a Mosca, Vladimir Putin ha usato un’espressione insultante (“porcellini”, resa in diverse traduzioni come “giovani porci/piglets”) per liquidare i leader europei accusandoli di essersi accodati alla linea della precedente amministrazione statunitense e di aver “scommesso” su un crollo russo.
Il sottotesto è chiaro: se Washington cambia approccio, l’Ue — nella narrazione del Cremlino — resterebbe il soggetto più ostile e più “interessato” a prolungare lo scontro, anche per ragioni di politica interna e di potere nel dopoguerra.
“Negoziati concreti” o “mezzi militari”: la minaccia (con mappa implicita)
La formula usata dal presidente russo è un ultimatum elastico: diplomazia se la controparte accetta un set di condizioni; forza se quelle condizioni vengono respinte. Dentro questa cornice, Mosca continua a presentare come “obiettivo naturale” ciò che in Occidente e per Kiev è annessione: Crimea e le quattro regioni rivendicate (Donetsk, Luhansk, Kherson, Zaporizhzhia).
Il messaggio, più che una novità militare, è una leva negoziale: far pesare sul tavolo il rischio di un avanzamento ulteriore se l’Europa ostacolasse un’intesa sponsorizzata dagli Stati Uniti.
Il nodo Usa: Witkoff non arriva (per ora) e Mosca aspetta “il punto” di Washington
Nel gioco delle delegazioni, anche un’agenda diventa un segnale. Il portavoce Dmitry Peskov ha fatto sapere che non è prevista per questa settimana una visita a Mosca dell’inviato statunitense Steve Witkoff e che il Cremlino attende dagli americani un aggiornamento sui contatti con ucraini ed europei.
Tradotto: prima capire l’offerta Usa (e quanto sia “blindata”), poi decidere se aprire spiragli o irrigidirsi. Intanto, Mosca continua a descrivere l’approccio attribuito a Donald Trump come “costruttivo”, contrapponendolo all’Europa dipinta come freno.
Lavrov: l’Europa come “persuasore” di Trump
Nel racconto russo, l’Ue non è solo “parte” del conflitto: è anche un attore che cercherebbe di indirizzare la Casa Bianca. Il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, in dichiarazioni riprese da media e documenti ufficiali del suo dicastero, ha sostenuto che gli europei punterebbero a spingere Washington su una linea che non fermi la guerra, descritta da Mosca come “scatenata dall’Occidente”.
È una cornice narrativa che serve a due obiettivi: delegittimare l’Ue come interlocutore e separare il canale con gli Stati Uniti da quello con Bruxelles.
Kiev: “si preparano a un altro anno”. I numeri sul campo e la lettura politica
Volodymyr Zelensky ha reagito con una frase che è, insieme, un avvertimento e una richiesta di attenzione: “si stanno preparando per un altro anno di guerra”. L’idea è che, mentre Mosca parla di trattative, sul piano operativo si comporta come se la guerra dovesse continuare.
A supporto della tesi, viene citato l’aumento delle forze disponibili: il comandante delle forze ucraine Oleksandr Syrsky ha indicato una consistenza russa nell’ordine di oltre 700 mila uomini. La cifra circola in più ricostruzioni pubbliche di dicembre, legate anche a interviste e briefing.
Dal lato russo, il ministro della Difesa Andrei Belousov ha parlato di centinaia di migliaia di contratti firmati nel 2025 e ha descritto l’intenzione di accelerare le operazioni se non si arrivasse a un accordo considerato accettabile da Mosca.
Sanzioni e energia: la “minaccia” americana che irrita Mosca
Il fronte economico resta una carta pesante. Secondo indiscrezioni riportate da Bloomberg, gli Stati Uniti starebbero valutando un nuovo ciclo di sanzioni contro il settore energetico russo per aumentare la pressione negoziale.
La risposta del Cremlino, affidata a Peskov, è stata una frase-chiave: un passo del genere farebbe male al miglioramento dei rapporti bilaterali e avrebbe un impatto negativo anche sul percorso verso una soluzione.
Il contesto europeo: asset russi congelati, garanzie e “forza europea”
Lo scontro verbale di Mosca arriva mentre in Europa si discute di strumenti che, per il Cremlino, sono provocazioni: dall’uso dei beni russi congelati a sostegno dell’Ucraina fino alle ipotesi di garanzie di sicurezza e di una presenza militare europea lontana dalla linea del fronte.
Secondo ricostruzioni giornalistiche e dichiarazioni raccolte da Reuters, al centro del dibattito ci sarebbe anche l’idea di una forza a guida europea dispiegata nell’Ovest ucraino come parte di un pacchetto di sicurezza collegato a un’intesa. Il Cremlino ha ribadito la sua contrarietà, pur dicendo che il tema potrebbe essere oggetto di discussione.
Che cosa cambia davvero (e che cosa no)
1) Cambia il tono, non la linea
Il linguaggio usato contro l’Europa segna un salto: serve a compattare il fronte interno russo e a dipingere Bruxelles come l’attore “irriducibile”. Ma la linea resta la stessa: pace sì, purché rispecchi le condizioni di Mosca.
2) Il negoziato è una guerra di percezioni
Per Kiev, l’aumento delle forze e la retorica di Belousov indicano preparativi concreti. Per Mosca, la minaccia della forza è un modo per tirare la coperta al tavolo e far pesare i costi di un “no” europeo.
3) L’energia rimane il nervo scoperto
Le nuove sanzioni sul settore energetico, se davvero si materializzassero, colpirebbero un canale cruciale di entrate. Non a caso il Cremlino reagisce subito: ogni pressione economica viene descritta come sabotaggio della diplomazia.
Dichiarazioni chiave (in sintesi)
- Putin (Mosca, 17 dicembre 2025): pace solo con “colloqui concreti”, altrimenti obiettivi perseguiti con la forza; attacco all’Ue con espressioni insultanti.
- Peskov (17 dicembre 2025): Witkoff non è atteso in settimana; Mosca aspetta aggiornamenti Usa; sulle sanzioni energia avverte effetti negativi sui rapporti.
- Zelensky (17 dicembre 2025): segnali di preparazione a un altro anno di guerra; appello ai partner a non ignorarli.
- Syrsky (dicembre 2025, riprese il 17): riferimento a una massa di forze russe superiore a 700 mila unità impiegabili per operazioni offensive.
- Belousov (17 dicembre 2025): arruolamenti a contratto nel 2025 e indicazioni su un ritmo offensivo più alto se non ci sarà un accordo.