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Putin riscrive la Storia per giustificare l'aggressione all'Ucraina

- di: Diego Minuti
 
Putin riscrive la Storia per giustificare l'aggressione all'Ucraina
Vladimir Putin, in occasione della sfarzosa celebrazione odierna della Festa della Vittoria, sulla piazza Rossa, ha dato al resto del mondo l'esatta immagine di quello che è lui e degli obiettivi che si è posto, mettendo forse in crisi coloro che, in qualche modo, ne hanno giustificato le mosse.

Vladimir Putin ha parlato in occasione della "Festa della Vittoria"

Le parole che Putin ha pronunciato - non sappiamo se scritte da lui o per lui da qualche spin doctor - dovrebbero fare riflettere, perché sono la traduzione per frasi di una strategia che mira a mettere sul banco degli imputati della Storia l'Occidente e non certo la Russia. Che, ha detto Putin, attaccando l'Ucraina, lo ha fatto solo per difendersi e non certo per affermare la sua presunta ed asserita supremazia su quello che un tempo era l'Impero zarista e che anche nella sua versione sovietica continua ad esercitare un certo fascino. Su Putin, certamente, ma anche su una certa porzione di una intellighenzia occidentale per la quale la Storia è solo un piccolo inciampo.

Il presidente russo ha accusato l'Occidente di essere piombato in un degrado morale che, ha detto, ''è diventato la base per ciniche falsificazioni della storia della Seconda Guerra mondiale, incitando alla russofobia, elogiando i traditori, deridendo la memoria delle vittime, cancellando il coraggio di coloro che hanno ottenuto la vittoria''.
Ora, mettere in fila una serie così lunga di affermazioni apodittiche, senza gettare sul tavolo alcun riferimento storico, se è processo analiticamente abbastanza scontato da parte di un autocrate, resta estremamente indicativo del progetto che Putin si porta dietro, che è ''farsi'' centro di quella parte dell'umanità che guarda al progresso sociale (sia pure con le distorsioni che esso mostra) come il Male e per questo da combattere.
Le parole di Putin, quindi, saldano il suo modello a quello propugnato dal controverso - a detto dei media non russi - patriarca Kirill, per il quale l'Occidente è tutto da condannare per il fatto di difendere i diritti di coloro che pagano per comportamenti che afferiscono alla sfera personale.

Il ''tutta l'erba un fascio'' è un modo di rappresentare l'avversario che viene utilizzato nei confronti del nemico, dilatando all'infinito le ''presunte'' responsabilità personali, in modo da giustificare una reazione violenta, come nel caso dell'invasione dell'Ucraina.
Nella ricerca del parossismo, però, Putin è caduto in un errore incomprensibile, quando ha detto che, a fronte di una minaccia della Nato ''ai nostri confini'', quello in Ucraina è stato un ''intervento preventivo'', perché l'Occidente, alla fine dello scorso anno, ''stava apertamente preparando un attacco al Donbass e alla Crimea'', mentre da Kiev c'erano richieste di ''armi nucleari''.

Parlare di una Nato disposta a dispiegare armi nucleare in Ucraina (violando la sua carta costitutiva) e farlo usando riferimenti generici, è insostenibile. Ma dove Putin ha detto una cosa ben più grave delle altre è quando ha giustificato come ''intervento preventivo'' l'invasione in Ucraina, di fatto ergendosi a giudice supremo dei comportamenti degli altri, al punto da punirli scatenando una guerra.
Per strano che possa apparire, oggi Vladimir Putin ha forse mostrato la sua debolezza, non sul piano militare e quindi pratico, ma su quello politico, costretto come è stato ad attingere all'armamentario di chi non ha argomentazioni forti e quindi si rifà a concetti vecchi, quando addirittura superati.

Putin, dalla piazza Rossa, doveva mandare al mondo un messaggio di concretezza e, magari, anche di inscalfibile determinazione ad andare avanti perché la ragione e le motivazioni storiche sono dalla sua parte.
Credere, comunque, che si fermerà è tragicamente un errore, perché in questo momento non c'è solo in gioco il suo futuro, ma quello di un modello. Quello che, in vent'anni, ha creato fortune immense solo a chi accettava di sedere al suo desco, senza mai alzare la testa dal piatto dove si ingozzava a spese dei russi.
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