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Rapporto Caritas: "Su povertà e solitudini non si può che procedere insieme"

- di: Barbara Bizzarri
 
Rapporto Caritas: 'Su povertà e solitudini non si può che procedere insieme'
Il Rapporto sulla povertà di Caritas Italiana, intitolato “L’anello debole” e presentato lo scorso 17 ottobre in occasione della Giornata Mondiale di Lotta alla miseria, definisce un quadro allarmante della situazione del nostro Paese: un italiano su dieci è in condizioni di povertà assoluta, ciò significa che una popolazione grande come quella del Lazio vive situazioni di privazione: di reddito, di salute, di diritti, di partecipazione politica, di istruzione.

Rapporto Caritas: "Su povertà e solitudini non si può che procedere insieme"

Sono oltre 5,6 milioni i poveri “ufficialmente” dichiarati, cittadini dei quali non è possibile tracciare un identikit. Questo perché non esiste più una tipologia di povero, e lo stato di indigenza può arrivare improvvisamente a seguito della malattia, della perdita di un lavoro che sempre più spesso è precario e irregolare, di una crisi di sistema come la pandemia o le conseguenze economiche del conflitto in Ucraina.
Possiamo conoscere chi sono i più deboli e coloro a rischio attraverso indicatori: geografici: il meridione del Paese più che il Nord, le periferie più che il centro delle città; demografici: gli anziani e i giovani in cerca di prima occupazione, così come i cittadini di origine straniera; sociali: le giovani famiglie con minori, coloro con disabilità e malattie invalidanti. Le persone incontrate e supportate dalla Caritas, nei centri di ascolto e con i servizi informatizzati, sono state 227.566, il 7,7% dell'anno precedente: non si tratta sempre di nuovi poveri, ma anche persone che oscillano tra il dentro fuori dallo stato di bisogno.

Secondo il Rapporto "sarebbe opportuno che con il Reddito di Cittadinanza fossero raggiunti tutti coloro che versano nelle condizioni peggiori, partendo dai poveri assoluti", garantendo anche "adeguati processi di inclusione sociale". Lo studio prende in esame le statistiche ufficiali sulla povertà e i dati di fonte Caritas, provenienti da quasi 2.800 Centri di Ascolto Caritas su tutto il territorio nazionale. Allo stesso tempo viviamo in questi dati anche lo sconforto e l’indignazione di tanti allarmi lanciati e che sono puntualmente andati perduti: appelli, proposte, denunce non ascoltati. Del lavoro di migliaia di volontari che aiutano, soccorrono e servono ma che non sono considerati. Dal 2008, infatti, gli indicatori di povertà vanno progressivamente aumentando: se in quindici anni la povertà assoluta in Italia è triplicata, significa che deve essere ripensato il modello economico e culturale di “sviluppo”, ponendo al centro i poveri in quanto più vicini all’interesse generale, al bene comune rappresentato dal valore supremo di ogni essere umano. Il Rapporto, ancora una volta, dice che occorre intervenire sulle cause strutturali, “permanenti”, di tante forme di povertà, con politiche serie ed efficaci: sostegni alle famiglie, ai bambini; accesso al lavoro, salari e stipendi dignitosi e non al nero, accesso allo studio anche per chi non ha possibilità; disponibilità di alloggi con affitti calmierati, rilancio del servizio sanitario nazionale per contrastare lo scandalo delle liste di attesa per diagnosi e cure non rinviabili. Occorrono fondi che dovrebbero essere spesi bene attraverso programmi e progetti, come una revisione del Reddito di cittadinanza che per molti resta indispensabile. Invece si parla quasi sempre di occasioni sprecate, di propositi non attuati, di priorità che non sono condivise dalle forze politiche.

Vi è un ultimo elemento che il Rapporto mette in luce e che i parroci e coloro che operano nelle Caritas conoscono bene. Tra le persone che si sono rivolte ai centri di ascolto nel corso dell’ultimo anno, 228 mila in Italia, 27 mila nella sola diocesi di Roma, sono molti coloro che non cercano beni o servizi, ma chiedono di essere ascoltati e consigliati. È il grande tema delle solitudini: un fenomeno multifattoriale che richiede risposte non solo economiche ma più spesso di natura sociale e culturale. Ciò chiama in causa le responsabilità e il ruolo delle istituzioni, il loro rapporto con il territorio e la società civile: l’occasione offerta dal Pnrr non può essere sprecata, le comunità locali, il Terzo settore, vanno coinvolte e agevolate per contribuire a una vera ripartenza collettiva.

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