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Scontro aperto sul referendum: Durigon contro Landini, il PD evoca il Ventennio

- di: Redazione
 
Scontro aperto sul referendum: Durigon contro Landini, il PD evoca il Ventennio

A pochi giorni dai referendum promossi dalla CGIL, previsti per l’8 e il 9 giugno 2025, la tensione tra governo e sindacati raggiunge livelli mai visti negli ultimi anni. A innescare lo scontro frontale è stato il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, esponente della Lega, che ha attaccato duramente il segretario generale della CGIL, Maurizio Landini, durante una conferenza dell’UGL.

Scontro aperto sul referendum: Durigon contro Landini, il PD evoca il Ventennio

“Speriamo che martedì Landini faccia come Renzi, che si dimetta, visto che questo è il suo referendum, lo ha politicizzato al massimo”, ha dichiarato Durigon. Parole nette, pronunciate in un contesto già altamente polarizzato, che trasformano il dibattito referendario in una prova di forza politica.

Un attacco senza precedenti all'autonomia sindacale
Le dichiarazioni di Durigon sono state accolte con forte indignazione da parte dell’opposizione, in particolare dal Partito Democratico. Arturo Scotto, capogruppo dem in Commissione Lavoro alla Camera, ha parlato senza mezzi termini di un attacco inaccettabile all’autonomia sindacale: “Durigon questa volta ha passato il segno. Non esiste in nessun Paese democratico al mondo che un membro del governo si permetta di dettare la linea a un sindacato confederale, suggerendo le dimissioni del suo segretario”. Scotto ha aggiunto che simili affermazioni ricordano da vicino “i toni e le pratiche del Ventennio”, evocando un parallelo con i periodi più bui della storia italiana in cui la libertà sindacale veniva sistematicamente repressa.

Il significato politico del referendum
Il referendum della CGIL, articolato in cinque quesiti, tocca nodi centrali della politica del lavoro: dal contrasto alla precarietà alla tutela contro i licenziamenti illegittimi, passando per la sicurezza sui luoghi di lavoro. Il coinvolgimento diretto della principale sigla sindacale italiana ha conferito un’impronta fortemente politica alla consultazione, e non è un mistero che Landini abbia voluto farne una battaglia identitaria. Proprio questo elemento è stato usato da Durigon per delegittimare l’operazione, accusando la CGIL di strumentalizzare lo strumento referendario per obiettivi di parte. Ma la contro-argomentazione, sostenuta dai sindacati e dall’opposizione, è che siano in gioco diritti fondamentali dei lavoratori, messi in discussione da anni di riforme sbilanciate a favore della flessibilità.

Landini nel mirino: il clima si infiamma
L’invito alle dimissioni rivolto da Durigon a Landini si inserisce in un clima di crescente contrapposizione tra governo e mondo sindacale. Già nei mesi scorsi, le tensioni tra l’esecutivo e la CGIL si erano manifestate in modo evidente durante le proteste contro la legge di bilancio e il blocco delle trattative sulla riforma previdenziale. Ora, con il referendum alle porte, l’attacco del sottosegretario assume una valenza simbolica: si tratta di una sfida aperta non solo alle proposte della CGIL, ma al ruolo stesso delle organizzazioni sindacali nella vita democratica del Paese.

Landini, da parte sua, non ha ancora risposto ufficialmente all’affondo, ma secondo fonti interne al sindacato, il clima è teso. Il segretario generale starebbe valutando come reagire politicamente a un attacco che, al di là delle intenzioni, appare come una delegittimazione della funzione negoziale e rappresentativa della CGIL.

Una consultazione che divide e polarizza

Il referendum dell’8 e 9 giugno, in questo contesto, si carica di significati ben più ampi della sola materia giuslavoristica. Da strumento di democrazia diretta e partecipata, rischia di trasformarsi in un referendum “su” Landini, come suggerisce Durigon, o addirittura in un referendum sul ruolo del sindacato stesso nel XXI secolo. Una trasformazione che preoccupa chi vede nella personalizzazione dello scontro il rischio di svuotare il confronto sui contenuti reali dei quesiti.

Il governo, attraverso alcuni suoi esponenti, ha già fatto sapere di considerare il referendum “ideologico e divisivo”, mentre le opposizioni continuano a difenderlo come un’occasione di riscatto per milioni di lavoratori che vivono nella precarietà e nell’assenza di tutele. A pochi giorni dal voto, il clima appare sempre più infuocato.

Oltre il voto: quale ruolo per il sindacato?

In attesa del verdetto delle urne, lo scontro tra Durigon e Landini riporta in primo piano una domanda che attraversa da anni la società italiana: quale spazio ha oggi la rappresentanza sindacale? È possibile che in un contesto sempre più polarizzato il sindacato si faccia portavoce di istanze popolari senza essere accusato di militanza politica?

Domande che il referendum non potrà risolvere da solo, ma che lo renderanno un passaggio decisivo per misurare la tenuta democratica delle relazioni industriali. E, forse, anche per ridefinire i confini tra rappresentanza sociale e potere politico in un’Italia che sembra sempre più incapace di dialogare sui diritti del lavoro senza trasformare ogni confronto in uno scontro ideologico.

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