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I Rotoli del Mar Morto riscrivono la storia con l’IA

- di: Marta Giannoni
 
I Rotoli del Mar Morto riscrivono la storia con l’IA
Una rete neurale li data fino al III secolo a.C.: rivoluzione firmata Enoch, tra archeologia, Bibbia e machine learning.

Quando, nel 1947, un pastore beduino scoprì per caso i primi rotoli nelle grotte di Qumran, nessuno poteva immaginare che, quasi ottant’anni dopo, sarebbe stata una macchina a dirci chi li ha scritti e quando. Oggi, grazie a una combinazione di intelligenza artificiale e archeologia, possiamo dire con una certa sicurezza che alcuni Rotoli del Mar Morto sono più antichi di quanto creduto finora: risalirebbero al III secolo avanti Cristo, anticipando di oltre un secolo le datazioni tradizionali.

Al centro di questa rivoluzione silenziosa c’è Enoch, un sistema di machine learning sviluppato da un team dell’Università di Groninga (Paesi Bassi) guidato dal prof. Mladen Popović, specialista di testi antichi e digital humanities. Il nome del progetto – ispirato a una figura biblica che “camminò con Dio e poi non fu più” – è già di per sé evocativo: Enoch è un ponte tra l’umano e il divino, come tra la scienza moderna e la spiritualità delle origini.

Un algoritmo per leggere i secoli

Enoch non “legge” i testi. Li studia. Il sistema è stato addestrato su 24 frammenti datati con il metodo del radiocarbonio, imparando a distinguere stili di scrittura in base a micro-dettagli calligrafici: curvatura delle lettere, spessore delle linee, inclinazione, modulazione del tratto. Il cuore del sistema è una rete neurale convoluzionale, potenziata da una sofisticata regressione bayesiana.

Risultato: Enoch è in grado di datare un frammento con un margine d’errore medio di 30 anni, superando la soggettività della paleografia tradizionale, che può variare anche di un secolo tra uno studioso e l’altro.

Le scoperte chiave: Daniele, Qoelet e gli altri

Il frammento forse più emblematico è 4Q114, una porzione del Libro di Daniele. La paleografia classica lo collocava nel I secolo a.C., ma Enoch lo posiziona tra il 230 e il 160 a.C., rendendolo potenzialmente coevo con la redazione del testo stesso. Significa che quel manoscritto non è solo una copia: potrebbe essere una delle prime versioni mai trascritte del libro biblico.

Altro esempio: frammenti di Qohelet (Ecclesiaste) che, secondo il modello, risalgono a decenni prima della conquista romana della Giudea, suggerendo una diffusione precoce del testo.

Lo studio dimostra anche che gli stili “Hasmonaeo” e “Herodeo” – due calligrafie chiave del periodo ellenistico – coesistevano molto prima del previsto, già nella prima metà del II secolo a.C. Finora si pensava a una successione lineare. Enoch mostra che i due stili erano usati simultaneamente, forse da scrivani diversi in contesti differenti.

“È come stringere la mano a chi scrisse 2.000 anni fa”

“È come una macchina del tempo”, ha dichiarato il prof. Popović. “Possiamo letteralmente stringere la mano a chi scrisse quei testi duemila anni fa. La tecnologia ci permette ora di andare oltre l’occhio umano, con dati empirici e modelli predittivi”.

Anche la storica Joan Taylor del King’s College di Londra ha sottolineato l’impatto culturale dello studio: “Se alcuni rotoli sono così antichi, è molto probabile che non siano stati scritti a Qumran, ma altrove, e poi depositati nelle grotte. La comunità essena potrebbe aver ereditato testi già antichi”.

Manoscritti ripuliti dal castoro d’olio

Un dettaglio tecnico ma cruciale: per addestrare l’intelligenza artificiale, i ricercatori hanno selezionato solo frammenti ripuliti da residui di olio di ricino, usato in passato per rendere visibili i testi ma responsabile di gravi contaminazioni che falsavano i risultati del radiocarbonio.

“Abbiamo scelto di concentrarci su frammenti dove il dato era pulito, affidabile. L’IA non è magia: ha bisogno di basi solide”, ha spiegato Daniël van der Meer, co-autore dello studio.

La cautela degli scettici

Non tutti, però, accolgono lo studio senza riserve. Il paleografo Christopher Rollston della George Washington University ha commentato: “L’uso dell’intelligenza artificiale è interessante e promettente, ma bisogna evitare di cadere nella tecnolatria. Non basta il risultato: serve il contesto”.

Su forum accademici si registrano reazioni miste: alcuni utenti segnalano che solo il 79% dei dati analizzati da Enoch è considerato di buona qualità, mentre il resto risulta troppo frammentato, scolorito o distorto.

Le implicazioni: un nuovo volto della Bibbia?

Se confermati, i risultati di Enoch potrebbero cambiare profondamente la nostra percezione della genesi dei testi biblici. Una cosa è studiare un manoscritto del I secolo d.C., altra cosa è avere tra le mani una copia che sfiora l’originale, o che lo precede di poco.

La nuova cronologia suggerisce che il pensiero giudaico del Secondo Tempio era molto più articolato e dinamico già nel III secolo a.C., ben prima delle rivolte maccabee e dell’influenza romana. I rotoli diventano così testimoni di una civiltà in fermento, capace di produrre testi di alta complessità spirituale e politica.

Il futuro: tra scienza e interpretazione

Il team di Popović non si ferma qui. L’obiettivo è ora digitalizzare e analizzare con Enoch almeno altri 300 frammenti, alcuni inediti o mai studiati in modo sistematico. Si prevede che entro il 2027 il modello possa essere adattato per comparare calligrafie su scala regionale, tracciando le rotte dei copisti tra Gerusalemme, Betlemme, Qumran e forse Alessandria.

L’esperimento è già stato replicato a Cambridge su alcuni frammenti copti del Nuovo Testamento, con buoni risultati preliminari. La paleografia del futuro non sarà più una disciplina fondata sull’intuizione, ma una scienza esatta che dialoga con il passato pixel per pixel.

Non più relique statiche

I Rotoli del Mar Morto, grazie all’intelligenza artificiale, non sono più reliquie statiche, ma organismi viventi di dati e significati. Il tempo in cui le date erano affidate solo agli occhi esperti sembra tramontare. Nasce l’era dei copisti digitali, in cui il passato può finalmente raccontarsi con voce chiara, numerica, verificabile.

E noi, lettori del XXI secolo, possiamo finalmente riscrivere la storia, senza paura di sbagliare secolo.

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