Nel cuore di Roma, dove arte, storia e urbanistica si fondono in un’unica narrazione, prende vita un progetto espositivo che è al tempo stesso omaggio e reinvenzione. La mostra The Spanish Steps, Revisited, allestita alla Keats-Shelley House dal 1° maggio al 1° novembre 2025, celebra i trecento anni della Scalinata di Trinità dei Monti trasformando uno dei luoghi più iconici della città in laboratorio critico, spazio di immaginazione, crocevia di sguardi contemporanei.
The Spanish Steps, Revisited: la grande mostra che ripensa la Scalinata di Trinità dei Monti
Il progetto, realizzato in collaborazione con l’American Academy in Rome e la British School at Rome, propone un percorso espositivo che fonde ricerca storica e pratica artistica, offrendo una riflessione ampia e stratificata sulla natura stessa del monumento.
La storia come pretesto creativo
L’idea alla base della mostra è tanto semplice quanto efficace: raccontare la nascita, l’evoluzione e le possibili riletture della Scalinata progettata da Francesco De Sanctis tra il 1723 e il 1726, ma farlo attraverso il linguaggio del presente. Per farlo, i curatori Luca Caddia e Fulvio Chimento hanno articolato il percorso in due sezioni: una documentaria e una creativa. La prima sezione è costruita attorno a una serie di documenti d’archivio, disegni originali, incisioni e piante architettoniche che testimoniano i vari progetti — realizzati e non — proposti per l’area che collega Piazza di Spagna alla chiesa della Trinità. Tra questi emergono anche le visioni, poi scartate, di giganti del Barocco come Giacomo Della Porta e Gian Lorenzo Bernini, ma anche di figure meno note come Plautilla Bricci, pioniera dell’architettura al femminile in un mondo dominato dagli uomini.
Una reinterpretazione polifonica
È però nella seconda parte della mostra che The Spanish Steps, Revisited assume la sua natura più radicale e stimolante. Gli spazi della Keats-Shelley House accolgono infatti opere contemporanee ispirate alla scalinata ma svincolate da ogni intento celebrativo. Scultori, architetti, designer, artisti visivi di varia provenienza sono stati invitati a ripensare il monumento come se potessero disegnarlo oggi: ne nascono installazioni immersive, disegni distopici, modelli architettonici che immaginano scale liquide, rampe sospese, geometrie spezzate, prospettive disarticolate. Il risultato è un cortocircuito affascinante: la monumentalità classica si piega sotto il peso del tempo presente, lasciando spazio a visioni intime, politiche, poetiche.
Un monumento come specchio della città
A rendere particolarmente efficace questa mostra è la capacità di interrogare non solo la scalinata, ma il suo ruolo nella città e nel nostro immaginario collettivo. Perché la Scalinata di Trinità dei Monti è molto più che un’opera architettonica: è una soglia, un teatro a cielo aperto, un dispositivo visivo che ha costruito per secoli la nostra idea di Roma. I turisti la fotografano, gli artisti la raccontano, gli urbanisti la studiano. In questa mostra, invece, essa viene sottoposta a un’operazione delicata ma necessaria: la sottrazione al feticcio. La scalinata non è più oggetto da conservare, ma soggetto da interrogare. E questo cambio di paradigma apre lo spazio per una critica anche più ampia: su cosa significhi oggi progettare nello spazio pubblico, su come l’arte possa interagire con l’eredità culturale senza esserne schiava, su quale città vogliamo abitare.
La sfida di attualizzare senza tradire
Nel suo essere profondamente site-specific ma al tempo stesso teorica, The Spanish Steps, Revisited riesce a evitare le due trappole principali che minacciano ogni operazione celebrativa: l’autocompiacimento e la nostalgia. Il percorso della mostra, pur radicandosi nella tradizione, si muove tutto nel presente, con uno sguardo teso al futuro. L’anniversario diventa pretesto per un esercizio di immaginazione, per una riflessione sul tempo, sulla forma, sul paesaggio urbano. In questo senso, la Keats-Shelley House — luogo sospeso tra letteratura e architettura, memoria e viaggio — si rivela cornice perfetta per un progetto che è, in fondo, anche una riflessione sulla memoria come forma in movimento.