Il settore Tessile e Abbigliamento sta vivendo un periodo nero. Nei primi nove mesi del 2024, i finanziamenti alle imprese del comparto sono diminuiti dell’8%, mentre il tasso di default è salito al 3,3%, superando la media nazionale del 2,5%. A lanciare l’allarme è l’Osservatorio CRIF sulle imprese, che evidenzia una crescente fragilità dovuta al calo dei consumi, ai cambiamenti nelle abitudini dei clienti e alla contrazione del mercato asiatico.
Tessile in crisi: crollano i finanziamenti, aumentano i default
“La crisi non sta colpendo solo il mass market, ma anche il lusso, che di solito è più resistente alle fluttuazioni economiche”, spiega Luca D’Amico, CEO di CRIF Ratings (nella foto).
Credito in calo e imprese più a rischio
I dati mostrano una contrazione netta del credito: mentre le imprese italiane nel complesso hanno ottenuto più finanziamenti nel 2024 (+2%), le aziende del tessile hanno subito una riduzione dell’8%. Questo significa che le banche stanno erogando sempre meno prestiti alle aziende del comparto, segnale di una crescente sfiducia nella loro solidità finanziaria.
Parallelamente, la situazione dei pagamenti peggiora: il tasso medio di default del settore ha raggiunto il 3,3% a giugno 2024, con un incremento di 0,4 punti percentuali rispetto a dicembre 2023. Il segmento più colpito è quello delle pelli, cuoio e calzature, con un tasso di insolvenza che ha toccato il 4,4%, in forte crescita rispetto al 3,5% di sei mesi prima. Anche l’abbigliamento ha visto un aumento dei default, mentre il comparto della tessitura e dei prodotti tessili resta il meno esposto, con un tasso di insolvenza attorno al 2%.
Bilanci in peggioramento, meno liquidità e più debiti
Già nel 2023 i primi segnali di difficoltà erano evidenti. Le imprese del tessile hanno visto crescere la propria dipendenza dai debiti: la leva finanziaria è passata da 2,6x a 3x, allineandosi alla media nazionale. Anche la liquidità è peggiorata: le aziende del comparto hanno ora una disponibilità di cassa che copre solo il 90% delle loro necessità, contro il 130% della media nazionale. Un altro segnale di fragilità è la capacità di coprire gli interessi sui debiti: nel tessile il rapporto è 8x, contro 12x della media nazionale, il che significa che le imprese stanno facendo sempre più fatica a far fronte ai loro obblighi finanziari.
Se si analizzano i diversi comparti, il meno a rischio è quello della tessitura e dei prodotti tessili, che mantiene una leva finanziaria più contenuta, una liquidità relativamente migliore e una maggiore capacità di coprire gli interessi.
Un settore strategico sotto pressione
Il comparto Tessile e Abbigliamento in Italia conta circa 72.000 imprese, distribuite tra abbigliamento (57%), pelli, cuoio e calzature (24%) e tessitura e prodotti tessili (19%).
Dal punto di vista territoriale, la crisi colpisce in particolare la Toscana, che ospita il 23% delle imprese del settore, seguita dalla Lombardia, con il 15%.
Il Made in Italy rischia grosso
L’analisi dell’Osservatorio CRIF conferma che il settore tessile sta attraversando un momento critico. Le aziende ricevono meno finanziamenti, il numero di fallimenti è in crescita e i bilanci peggiorano. Il calo del potere d’acquisto, la crisi del mercato asiatico e l’aumento dei costi di produzione stanno mettendo a rischio anche il comparto del lusso, tradizionalmente più stabile.
La domanda ora è: cosa verrà fatto per proteggere uno dei settori chiave del Made in Italy?