Non si tratta soltanto di un vocabolario. Treccani 100 è un gesto culturale, una dichiarazione d’intenti, un ponte gettato tra il passato autorevole della lessicografia italiana e il futuro di chi oggi ha dieci, quattordici, diciassette anni. Curato da Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, due tra i maggiori linguisti italiani, il nuovo vocabolario della storica casa editrice nasce con una missione esplicita: raggiungere la Generazione Alpha, cioè quei ragazzi nati a partire dal 2010, e offrir loro uno strumento che sia insieme affidabile, autorevole e vicino. Un’impresa che molti avrebbero giudicato impossibile, se non addirittura velleitaria, in tempi di messaggi vocali, slang globalizzati e lessici digitali in perenne mutazione.
Treccani 100, il nuovo vocabolario che parla ai ragazzi come nessuno aveva fatto prima
Treccani 100 non ha l’ambizione di imporre un modello linguistico, ma di suggerire con delicatezza, con rispetto, con intelligenza. Le parole non sono recintate in definizioni rigide, ma raccontate come se si stesse parlando con un amico fidato. Niente abbreviazioni ostiche, nessun gergo specialistico: le voci si snodano come brevi narrazioni, capaci di accompagnare il lettore senza mai umiliarlo. È un lessico che non giudica, che non interroga, ma che guida e suggerisce. Un modo per restituire fiducia alla parola scritta, alla lingua come strumento di orientamento e consapevolezza, in una fase della vita in cui tutto è ancora in formazione.
Una grammatica della parità, non della correttezza
C’è un elemento che fa di questo vocabolario qualcosa di profondamente diverso da ogni tentativo precedente: la radicale attenzione all’equilibrio tra generi. Non si tratta di una correzione posticcia, di un’aggiunta ideologica o di un cedimento alle mode. È piuttosto l’assunzione di responsabilità, da parte di un’istituzione culturale come Treccani, del proprio ruolo educativo e civile. Per questo, accanto a "notaio" c’è "notaia", accanto a "magico" c’è "magica", e l’ordine alfabetico non è uno strumento di dominio. Ogni esempio d’uso è pensato per rappresentare una realtà in cui uomini e donne compiono le stesse azioni, cucinano, governano, leggono, puliscono. Il linguaggio diventa allora specchio di un mondo possibile, non di un passato cristallizzato.
Una lezione silenziosa di cittadinanza
Chi sfoglia le pagine di Treccani 100 non riceve solo informazioni: riceve messaggi. Ci sono parole che vengono chiaramente indicate come discriminatorie, offensive, fuori contesto. Non per censura, ma per chiarezza. In un’epoca in cui il linguaggio d’odio si propaga anche nelle aule scolastiche, il vocabolario si trasforma in strumento di resistenza morale. Non c’è enfasi, non c’è retorica, ma la precisione con cui certi termini vengono smontati e analizzati rappresenta una vera lezione di educazione civica, più efficace di molte campagne ufficiali. Perché il potere di un vocabolario, quando è pensato con intelligenza e passione, non è quello di chiudere il significato, ma di aprirlo alla vita.
Un’alleanza tra scuola, famiglia e cultura
Treccani 100 non è destinato a rimanere negli scaffali delle biblioteche. È stato pensato per entrare nelle case, nei corridoi delle scuole, sulle scrivanie delle camerette. È uno strumento che chiede di essere usato, esplorato, amato. Un alleato prezioso per genitori, docenti, educatori, ma anche un oggetto affettivo per chi cresce in un mondo spesso disorientante. Mentre le tecnologie si fanno più pervasive e i testi si riducono a notifiche, questo vocabolario scommette sulla durata, sull’approfondimento, sul desiderio di sapere. È una scommessa controcorrente, ma necessaria. Perché c’è ancora chi crede che la parola, quando è ben scelta, possa essere più forte del rumore.
Un vocabolario che è anche un gesto di fiducia
Alla fine, ciò che colpisce di Treccani 100 non è solo il rigore scientifico o la bellezza delle voci. È il messaggio implicito che attraversa ogni pagina: tu puoi capire. Tu meriti parole vere. Tu sei in grado di nominare il mondo. In questo senso, è un vocabolario che restituisce ai giovani il potere simbolico della lingua. Non è poco, in un tempo in cui la parola è spesso svalutata o ridotta a consumo istantaneo. Non è poco, per un’istituzione come Treccani, che ha saputo reinventarsi senza perdere l’anima. E non è poco, per chiunque creda ancora che crescere significhi, prima di tutto, imparare a dare un nome giusto alle cose.