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Trump firma il rimpatrio di 700mila rifugiati. Stop agli aiuti esteri, fondi dirottati per il rientro di ucraini e haitiani

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Trump firma il rimpatrio di 700mila rifugiati. Stop agli aiuti esteri, fondi dirottati per il rientro di ucraini e haitiani
È un cambio di paradigma netto quello impresso da Donald Trump, tornato alla Casa Bianca per il suo secondo mandato. Con la firma di un nuovo ordine esecutivo, il presidente ha lanciato un programma di “rimpatrio volontario” per 700mila rifugiati presenti sul territorio statunitense, inclusi ucraini, haitiani, afghani e siriani. Per finanziare il piano, l’amministrazione ha dirottato 250 milioni di dollari inizialmente destinati agli aiuti esteri, destinandoli a un fondo gestito dal Dipartimento per la Sicurezza Interna e dal Dipartimento di Stato. L’obiettivo dichiarato è alleggerire la pressione migratoria incentivando il ritorno nei Paesi d’origine attraverso un compenso fino a mille dollari per ciascun migrante.

Trump firma il rimpatrio di 700mila rifugiati. Stop agli aiuti esteri, fondi dirottati per il rientro di ucraini e haitiani

Tra i gruppi colpiti dalla misura spiccano migliaia di rifugiati ucraini fuggiti dall’invasione russa. Accolti inizialmente con favore bipartisan durante la precedente amministrazione Biden, oggi si trovano improvvisamente inseriti in un meccanismo che punta a ridurre la loro presenza. Lo stesso vale per molti haitiani arrivati in fuga da un Paese travolto da crisi economica e violenza endemica. Il nuovo piano, pur mascherandosi da soluzione “volontaria”, secondo i critici si configura di fatto come una forma di pressione indiretta a lasciare gli Stati Uniti, senza garanzie sulle condizioni di sicurezza al rientro.

Ong e comunità internazionali sul piede di guerra


Dura la reazione delle organizzazioni umanitarie. L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni ha espresso “grave preoccupazione” per un programma che, secondo molte ong, mette a rischio migliaia di vite. “Non si può parlare di volontarietà quando la prospettiva è l’espulsione o la marginalizzazione sociale”, dichiarano fonti vicine all’ACLU. Anche numerosi leader religiosi e rappresentanti di comunità locali hanno chiesto a Trump di ritirare l’ordine, definendolo “un attacco alla dignità dei perseguitati”.

La politica estera piegata alla narrazione interna


Dietro la misura c’è anche un messaggio preciso alla base elettorale del presidente. In un clima politico segnato da insicurezza e scontento sociale, il ritorno alla retorica dell’“America First” si declina ora in chiave migratoria, con un colpo simbolico agli aiuti internazionali. Ma la portata globale del gesto è già sotto osservazione da parte delle cancellerie occidentali: togliere fondi ai progetti di cooperazione e respingere rifugiati da teatri di guerra rischia di indebolire la credibilità statunitense sui tavoli diplomatici.

L’America del secondo Trump riparte dai confini

L’ordine esecutivo non è solo una mossa amministrativa: è un manifesto politico. L’America trumpiana torna a chiudere le porte, rinegozia il patto morale con il mondo, ribalta la narrazione del rifugio e dell’asilo. Lo fa con toni più decisi, con mezzi più concreti. E mentre i voli charter per i rimpatri iniziano a decollare, la nuova era della sicurezza statunitense prende forma nel segno della discontinuità.
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