Il Consiglio europeo ha dato il via libera alla proroga delle sanzioni contro la Russia, confermando la linea dura dell’Unione europea di fronte all’aggressione di Mosca nei confronti dell’Ucraina. I leader dei 26 Paesi membri, esclusa l’Ungheria di Viktor Orbán che si è temporaneamente astenuta dalla votazione, hanno riaffermato l’impegno comune nell’aumentare la pressione politica, economica e finanziaria sul Cremlino. Le misure sanzionatorie includono il blocco degli asset russi all’estero, il divieto di esportazione di tecnologie strategiche e restrizioni mirate contro personalità legate al regime di Vladimir Putin.
Ucraina, l’Europa proroga le sanzioni. Trump e Macron si consultano su Israele
La decisione è giunta durante una sessione particolarmente significativa del Consiglio europeo, che non solo ha affrontato le nomine ai vertici delle istituzioni comunitarie ma anche il rinnovo del mandato politico nei confronti della Russia. Il rinnovo delle sanzioni è stato visto come un segnale forte di continuità e determinazione da parte dell’Unione, in un momento in cui Mosca continua ad attaccare infrastrutture civili e a impedire l’ingresso di aiuti umanitari nelle zone occupate. “La solidarietà con il popolo ucraino resta incrollabile”, ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, sottolineando che “la pace si costruisce con la fermezza, non con le concessioni”.
Telefonata Trump-Macron e divergenze su Israele Sul versante transatlantico, a margine della riunione di Bruxelles, si è svolta una telefonata tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il capo dell’Eliseo Emmanuel Macron. I due leader hanno discusso sia della situazione in Ucraina sia della posizione europea sul conflitto tra Israele e Hamas. Mentre su Kiev le posizioni sembrano convergenti, con un rinnovato impegno congiunto a sostenere militarmente e finanziariamente il governo di Volodymyr Zelensky, sul dossier israeliano il Consiglio europeo appare diviso. Alcuni Paesi, come la Germania e l’Italia, mantengono un sostegno netto al governo di Benjamin Netanyahu, mentre altri – in particolare Spagna, Irlanda e Belgio – chiedono una maggiore pressione diplomatica per l’apertura di un’indagine internazionale sui crimini di guerra a Gaza.
Verso nuove forniture militari a Kiev La proroga delle sanzioni si accompagna a una nuova fase di aiuti militari all’Ucraina. Fonti interne al Consiglio riferiscono di un possibile incremento della dotazione del Fondo europeo per la pace, destinato a coprire spese per l’invio di armamenti, sistemi di difesa aerea e munizioni a lungo raggio. Parallelamente, alcuni Stati membri hanno proposto la creazione di un fondo speciale per la ricostruzione postbellica delle città ucraine, mentre proseguono i colloqui per accelerare l’ingresso di Kiev nel mercato unico europeo attraverso l’armonizzazione normativa.
Un consenso che guarda anche al fronte interno La compattezza mostrata dai 26 Paesi nel rinnovo delle misure contro Mosca risponde anche a esigenze interne all’Ue. In vista delle elezioni politiche in Francia e delle prossime tornate nazionali in diversi Stati membri, il messaggio lanciato ai cittadini europei è quello di un’Unione capace di difendere i propri valori e interessi. “Chi destabilizza la sicurezza del continente non può essere premiato”, ha dichiarato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, intervenendo nella discussione prima del voto. Le sue parole sono state interpretate anche come un tentativo di rafforzare la sua candidatura alla guida della prossima Commissione.
Il nodo Israele e la frattura latente Nonostante l’unità sulla questione russa, il Consiglio europeo ha mostrato le sue crepe sul dossier mediorientale. La posizione comune fatica a emergere, e questo rallenta la possibilità di una vera iniziativa diplomatica dell’Unione nella regione. Alcuni Paesi spingono per il riconoscimento dello Stato di Palestina, altri vogliono mantenere aperti i canali con Tel Aviv. L’intervento di Macron nella telefonata con Trump ha tentato di mediare, ma l’impressione è che l’Europa rischi di restare in una posizione marginale se non riuscirà a superare le proprie divisioni interne. Bruxelles valuta ora l’invio di un emissario speciale per il Medio Oriente, ma l’ipotesi è ancora al vaglio.