Il ministro delle Imprese Adolfo Urso torna a Bruxelles per tessere una rete di convergenze sulla politica industriale europea, con al centro il futuro dell’automotive. Al tavolo siedono Germania, Francia, Polonia, Paesi Bassi e Cipro: un gruppo eterogeneo, ma unito dalla necessità di ripensare la traiettoria del Green Deal e di preparare una transizione che non schiacci le filiere manifatturiere.
L’obiettivo, spiega il Mimit, è dare corpo al documento congiunto elaborato con il ministero dell’Economia tedesco, una sorta di manifesto per una nuova politica industriale che superi gli automatismi ideologici della fase precedente.
Una diplomazia industriale che prende forma
Il confronto più significativo è quello trilaterale tra Urso, la ministra dell’Economia tedesca Katherina Reiche e il ministro dell’Industria francese Sébastien Martin. Una discussione “tra i tre principali Paesi manifatturieri d’Europa”, come viene definita, con un focus diretto su un dossier che richiederà scelte immediate: la revisione del regolamento sulle emissioni di CO₂ e la nuova iniziativa sulle flotte aziendali.
Urso non usa giri di parole: “È urgente agire in fretta e in modo coeso. All’industria dell’auto non servono palliativi ma riforme immediate e pragmatiche, per i veicoli leggeri come per quelli pesanti”. Il richiamo alla neutralità tecnologica, ribadito di recente anche da Meloni e dal cancelliere tedesco Merz, è la bussola dell’approccio italiano: nessuna tecnologia imposta per legge, ma una transizione basata sulle soluzioni realmente disponibili, dai biocarburanti all’elettrico, passando per ibrido e idrogeno.
La filiera europea sotto pressione: siderurgia, chimica, semiconduttori
Per Urso, discutere di auto significa discutere dell’intera filiera industriale europea: dalla siderurgia alla chimica, dalla componentistica ai semiconduttori. Ogni vincolo sulle emissioni o sulle tecnologie rischia di generare effetti a catena difficili da governare. Ecco perché il ministro richiama l’esperienza dell’Alleanza per le industrie energivore, che riunisce 25 Paesi e che punta a salvaguardare competitività e produzione interna: “Dobbiamo seguire la stessa rotta anche sull’auto”, ripete.
I bilaterali: dall’Europa centro-orientale ai Paesi Bassi
Dopo il trilaterale, Urso prosegue con una serie di incontri bilaterali. Con il ministro delle Finanze polacco Andrzej Domański discute di automotive ma anche di come difendere le imprese più esposte ai costi della transizione. Con Geert-Jan Karremans, responsabile del Commercio Estero dei Paesi Bassi, i temi sono esportazioni, competitività e regole comuni nei mercati globali.
Infine l’incontro con il ministro cipriota dell’Industria Michael Damianos, in vista della prossima presidenza di turno dell’Ue: un’occasione per costruire un terreno comune sulle priorità che la nuova leadership europea dovrà affrontare nei dossier industriali.
Cbam, Ets e rottami: i tre nodi sul tavolo
La giornata ruota attorno a tre punti tecnici ma strategici. Il primo è il rafforzamento del Cbam, il meccanismo europeo di aggiustamento del carbonio alle frontiere, indispensabile — secondo Urso — per evitare aggiramenti che penalizzano l’industria continentale.
Il secondo riguarda la revisione dell’Ets, il sistema di scambio delle quote di emissione, per proteggere gli impianti più esposti ai costi dell’anidride carbonica.
Il terzo, meno noto ma cruciale, è una posizione comune sul commercio dei rottami ferrosi e non ferrosi: un materiale che sostiene siderurgia, riciclo e tutta la catena dell’economia circolare.
L’Europa che cerca un nuovo baricentro industriale
Il senso politico della missione è chiaro: costruire un asse industriale europeo capace di guidare la transizione invece di subirla. L’automotive è la prima grande prova, ma non l’unica. Il vecchio continente si trova davanti alla necessità di riscrivere le regole del suo sviluppo produttivo, in un mondo dove Stati Uniti e Cina si muovono con velocità e investimenti pubblici enormi.
Urso, nel suo ruolo, punta a evitare che la transizione verde diventi una trappola per l’industria europea. Bruxelles guarda, valuta, ascolta. La partita è solo all’inizio.