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Zelensky apre a un vertice con Trump e Putin: il tentativo ucraino di ricalibrare la diplomazia internazionale

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Zelensky apre a un vertice con Trump e Putin: il tentativo ucraino di ricalibrare la diplomazia internazionale

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha lanciato una proposta che, sebbene in apparenza inverosimile, cela una strategia profonda: un vertice trilaterale tra lui, Donald Trump e Vladimir Putin per discutere la possibilità di un cessate il fuoco. Si tratta di una mossa che mescola diplomazia, pressione mediatica e calcolo geopolitico.

Zelensky apre a un vertice con Trump e Putin: il tentativo ucraino di ricalibrare la diplomazia internazionale

Da mesi il conflitto russo-ucraino è entrato in una fase di stabilizzazione armata, senza avanzamenti decisivi e con un bilancio umano sempre più tragico. In questo contesto, Zelensky tenta di forzare l'immobilismo proponendo un nuovo formato negoziale che rompe con i consueti canali multilaterali e chiama direttamente in causa le due figure più divisive della politica globale.

Trump e Putin: gli interlocutori paradossali

Il richiamo a Donald Trump – attuale presidente USA – rappresenta un ribaltamento del paradigma diplomatico classico: non più il sostegno incondizionato dell’Occidente, ma un appello diretto a chi, pur provenendo da una posizione spesso scettica sull’interventismo, potrebbe esercitare una leva decisiva su Mosca. Zelensky sembra scommettere sull’ambiguità trumpiana come strumento per smuovere lo status quo. L’ex comico ucraino sa bene che Trump ha spesso elogiato Putin, ma sa anche che proprio per questo la sua pressione sul Cremlino potrebbe risultare più efficace di quella degli alleati tradizionali. Al tempo stesso, includere Putin nella proposta significa ammettere – implicitamente – che non esiste una soluzione senza il diretto coinvolgimento del capo del Cremlino, per quanto irricevibile appaia la sua posizione sul terreno.

Il ruolo delle sanzioni come leva di negoziato

Accanto alla proposta del vertice, Zelensky ha rilanciato la richiesta che Washington imponga sanzioni più dure su due settori chiave dell’economia russa: il comparto bancario e quello energetico. È una mossa coerente con la linea di logoramento adottata dall’Ucraina e dai suoi alleati, che mira a indebolire il potenziale finanziario e militare di Mosca senza l’uso diretto della forza. Ma è anche un segnale verso gli Stati Uniti: se Trump vuole davvero giocare un ruolo da pacificatore, deve accettare il costo di una pressione più incisiva. Il pacchetto di sanzioni diventa così il test della volontà reale di influire sugli equilibri del conflitto e non solo di gestirne la narrazione.

Una mossa diplomatica per uscire dall’isolamento

L’apertura a un vertice trilaterale è anche un modo per Zelensky di riacquisire centralità in una fase in cui la guerra rischia di passare sullo sfondo delle priorità occidentali. Tra la crisi in Medio Oriente, le tensioni asiatiche e la frammentazione interna dell’Unione Europea, l’Ucraina teme un lento disimpegno delle cancellerie occidentali. Invitare Trump e Putin a un tavolo significa rilanciare l’attenzione internazionale, costringere le grandi potenze a riposizionarsi e ridare all’Ucraina il ruolo di soggetto politico attivo, non solo di vittima bisognosa di aiuti. Anche se le probabilità che il vertice si realizzi restano basse, l’atto stesso di formularlo è una manovra simbolica di forte impatto.

La diplomazia della provocazione come strumento tattico

Zelensky dimostra ancora una volta di saper utilizzare il linguaggio della provocazione diplomatica come leva tattica. Il messaggio è rivolto tanto ai leader coinvolti quanto all’opinione pubblica globale: se davvero si vuole la pace, servono gesti audaci. Il vertice proposto è l’emblema di una diplomazia che rinuncia ai canali consueti per cercare formule dirompenti, consapevole che il tempo gioca contro Kiev. Se l’offensiva militare russa continuerà senza freni e se l’attenzione internazionale si affievolirà, l’Ucraina rischia una lenta erosione delle sue posizioni e del sostegno globale. In questa luce, l’ipotesi di un incontro a tre – per quanto improbabile – diventa un messaggio strategico: il conflitto non può più essere gestito con gli strumenti del passato.

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