IMN Conference, Zenith Service: crisi economica porterà nuova ondata di crediti deteriorati per 60 miliardi di euro

- di: Barbara Leone
 
In uno scenario macro gravato da incertezze su vari fronti geopolitici, economici ed ambientali, la 5º Conferenza Annuale degli  Investitori di IMN su Italian Banking & NPL Management tenutasi l’8 settembre scorso presso l’Hotel Meliá di  Milano ha rappresentato un importante momento di confronto per gli operatori del settore, che oggi più che mai si rende necessario. Protagonista dell’evento, tra gli altri, Zenith Service, primario intermediario finanziario specializzato nella gestione  di operazioni di finanza strutturata in Italia, che ha analizzato gli impatti sul mercato NPL di  uno scenario complesso come quello odierno. Uno scenario peraltro già scosso dagli effetti della pandemia e successivamente dal conflitto in Ucraina. Con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti: l’impennata dei prezzi delle materie prime e dell’energia che hanno  condotto a significative instabilità ed incertezze sui mercati reali e finanziari mondiali, effetti che hanno  contribuito a mettere in crisi il modello dell’iperglobalizzazione, già messo pesantemente in discussione dalla  pandemia.  L’aumento dei prezzi ha portato ad alti livelli di inflazione (attestatasi ad agosto in Italia a circa l’8,4%  secondo le ultime rilevazioni dell’ISTAT, mai così alta dal 1985) e ha spinto le banche centrali ad alzare i tassi  di interesse con l’obiettivo di contenerla, mettendo così fine alle politiche monetarie espansive che hanno  caratterizzato l’ultimo decennio. Si prevede che la FED porti al 3% il tasso di interesse entro il 2022, con un  ulteriore rialzo al 3,5% atteso nei primi mesi del 2023. Inoltre la Banca Centrale Europea, dopo un rialzo di 50  punti base avvenuto a luglio 2022, potrà alzare il tasso di rifinanziamento principale all’1,5% entro la prima  metà del 2023. 

L’analisi di Zenith Service è concorde con le principali agenzie di rating nel prevedere un rallentamento  dell’economia europea negli ultimi mesi dell’anno e nel 2023. Fitch Ratings ha abbassato le previsioni di  crescita del PIL per l’Eurozona nel 2023 di 0,4 punti percentuali, portandole al 2,6%. Relativamente all’Italia, Moody’s ha previsto a sua volta un rallentamento del PIL che si attesterà allo 0,8% nel 2023 rispetto al 2,2%  dell’anno in corso. Alla luce della nuova situazione macroeconomica e geopolitica l’Autorità Bancaria Europea (EBA) ha previsto  un aumento del 33% dello stock di NPL entro la fine del 2022 in Europa, un’ondata di crediti deteriorati che  nei bilanci delle banche italiane ammonterà a circa €60 miliardi.  “Le cartolarizzazioni di non performing loan (NPL), anche grazie al recente lancio delle cartolarizzazioni  immobiliari, rimangono tra gli strumenti più efficaci al fine di smobilitare lo stock di NPL bancari”, ha commentato Umberto Rasori, AD di Zenith Service S.p.A., “come dimostra la riduzione del non performing exposure (NPE)  ratio italiano dal 16,8% del 2015 al 3,6% del 2021, dato certamente più allineato alla media europea che si  attesta a 2,1% secondo la ricerca “Market Watch" di Banca Ifis.” “Inoltre, a causa del rallentamento dell’economia”, continua Rasori, “aumenteranno i crediti deteriorati  derivanti da piccole e medie imprese (PMI), specialmente da quelle che operano nei settori già colpiti dalla  pandemia, come quello del turismo, dell’ospitalità e del tempo libero. Col graduale venir meno delle  moratorie concesse per fronteggiare la crisi legata al Covid, le PMI dovranno iniziare a rimborsare i debiti  contratti, col rischio di incorrere in tensioni finanziarie. Il rallentamento dell’economia, l’aumento dei prezzi  delle materie prime e dell’energia, e l’aumento del costo del denaro avranno impatti negativi sulle PMI e  sulle famiglie, rendendo più rischiosi i prestiti non garantiti”.   Per il 2023 si stimano cessioni di NPL per circa €37 miliardi e circa €10 miliardi di transazioni relative ad  unlikely to pay (UtP). 

Il mercato italiano delle NPE ha utilizzato in larga parte il meccanismo di garanzia dello Stato – noto come  GACS (Garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze), introdotto nel 2016 al fine di agevolare lo smobilizzo  dei crediti in sofferenza dai bilanci degli intermediari finanziari – che si è rivelato uno dei fattori che hanno  determinato l’aumento delle operazioni NPL, come dimostrato dal raddoppio del numero di transazioni nella  seconda metà del 2021 (6) rispetto al primo semestre (3). Ad oggi sono state chiuse operazioni GACS  complessivamente per oltre €103 miliardi, ma lo strumento, dopo un primo rinnovo avvenuto nel 2019, è  scaduto a giugno 2022 e non ancora prorogato.  Dall'inizio dell'anno sono stati avviati numerosi dibattiti tra diversi attori come banche, altri intermediari  finanziari, servicer e regolatori, per definire il futuro delle GACS. I tavoli di lavoro hanno condotto a diverse  prospettive: alcuni attori erano contrari al rinnovo del meccanismo di garanzia, soprattutto a causa delle  scarse performance registrate negli anni rispetto ai business plan previsti; altri erano favorevoli al  mantenimento delle GACS, introducendo però una più alta soglia minima di rating per le tranche senior. La  modifica sarebbe un elemento non richiesto dal regolatore UE e rischierebbe di scoraggiare l'uso delle GACS.  Infine, negli ultimi anni, un numero consistente di operatori di mercato e di istituzioni ha costantemente  spinto per estendere le GACS anche agli UtP.  Fino ad oggi in Italia non ci sono state rilevanti transazioni relative ad asset verdi in sofferenza, ambito che  tuttavia, secondo l’analisi di Zenith Service, potrebbe crescere nel prossimo futuro anche in virtù  dell’aumento dei finanziamenti aventi ad oggetto obiettivi ed asset ESG. Negli ultimi due anni a livello  europeo sono state completate diverse cartolarizzazioni in ambito ESG, sebbene la stessa tassonomia dell’UE (ovvero la classificazione delle attività economiche che possono essere definite “sostenibili”) non si applica  direttamente a questa tipologia di operazioni e gli stessi strumenti finanziari emessi in questo ambito non  sono ad oggi considerati “prodotti finanziari” secondo la definizione della Sustainable Finance Disclosure  Regulation (SFDR). Per valutare l’aspetto ESG di un'operazione si considerano solitamente tre elementi: se  le attività sottostanti comprendono, in tutto o in parte, una garanzia collaterale che ha un impatto ESG  positivo, come i mutui per l'efficienza energetica, i prestiti/leasing per auto elettriche o i prestiti al consumo  a mutuatari svantaggiati; se l'uso dei proventi o l'alleggerimento del capitale ottenuto attraverso la transazione (nei casi di cartolarizzazione sintetica) sono utilizzati per rifinanziare in tutto o in parte attività  che hanno un impatto positivo sui fattori ESG; se le principali controparti delle transazioni (compresi il cedente e il gestore) si impegnano a raggiungere determinati KPIs relativi alla sostenibilità, compresi ad  esempio incentivi finanziari per il cedente al raggiungimento di determinati obiettivi ESG.
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