Acca Larentia: non sono stati solo saluti romani

- di: Redazione
 
Di commemorazioni di esponenti della destra morti (in circostanze e tempi diversi) se ne contano, nel Paese, parecchie e, al di là di qualche ''annoiata'' informatica delle forze dell'ordine preposte alle sicurezza pubblica, mai avevano creato clamore come quella di qualche giorno fa, a Roma, dove si sono date appuntamento qualche centinaio di persone che, volendo ricordare tre giovani uccisi nel 1978, hanno raccolto l'appello di qualcuno rispondendo, al nome delle vittime, con un ''presente'' e il saluto romano.
Come detto, di cerimonie come quella che oggi fa gridare allo scandalo ce ne sono diverse e, braccio teso più, braccio teso meno, hanno tutte pressappoco la stessa coreografia.

Acca Larentia: non sono stati solo saluti romani

Eppure quest'anno l'indignazione è stata tanta e tra molte dichiarazioni incrociate - tra chi gridava allo scandalo e all'eversione, tra chi riduceva tutto ad una esibizione di ''duecento imbecilli più utili alla sinistra'' e tra chi, invece, riduceva tutto ad una semplice espressione di cordoglio - quel che è rimasto senza risposta è stato l'interrogativo di fondo: se fare il saluto romano, inteso come segno distintivo, è violare uno dei principi della Costituzione, perché lo si considera ancora oggi un gesto da allocare sullo scaffale delle rimembranze e non invece di appartenenza politica, questa sì contraria allo spirito della Carta perché eversiva?
A ciascuno di noi è consentito esprimere le proprie idee in ogni campo, dalla religione all'orientamento sessuale, alla politica e, persino, su argomenti meramente ludici (musica e sport), ma dobbiamo sempre tenere presente che, celebrando in vario modo il fascismo, si viola una legge e, per questo, chi esibisce un gesto che significa appartenenza deve essere pronto a pagarne le conseguenze.

Ma perché se ne parla soprattutto oggi? Qualcuno, biecamente, ha detto che se ne discute perché in Italia oggi governa una destra-destra, in cui i centristi sono ormai ridotti a reggitori dello strascico di un partito con una chiara connotazione ideologica, sentendosi erede del patrimonio ideologico e culturale di chi mai ha denunciato il fascismo come regime totalitario e complice di un alleato che, sulla razza, elaborò teorie aberranti e che si tradussero in un genocidio. Se a questo si aggiunge il silenzio che, su questo episodio diventato oggetto di valutazione anche a Bruxelles, promana da Giorgia Meloni, si capisce perché la polemica resta infuocata.
Forse, ad aumentare a dismisura l'impatto di quanto accaduto in ricordo dei morti di Acca Larentia (dei quali non si è mai trovato un responsabile, l'ennesimo caso di giustizia volutamente inefficace) sono state le immagini di quel raduno, che, nella ritualità del gesto, nel perfetto ordine, nella impeccabile sincronia, ha ricordato ben altre adunate, in cui - come accadeva a Norimberga - tutti indossavano divise grigie e inneggiavano a chi aveva promesso loro che il Reich sarebbe andato avanti per secoli e secoli. Una semplice somiglianza, di sicuro, ma che le immagini di Acca Larentia abbiano avuto un impatto di immagine enorme, ancorché straniante, è palese.

Quindi, verrebbe da chiedersi: riduciamo tutto, ancora una volta, al solito raduno di nostalgici, molti dei quali talmente giovani da fare pensare che nemmeno si sono abbeverati ai sacri testi della Destra (che ne so, Evola?), magari limitandosi a Tolkien?
No, non si può fare per un semplice banalissimo motivo: c'è una legge che vieta la ricostituzione del partito fascista. Quindi, le formazioni che si danno una struttura organizzata, delle catene di comando, degli obiettivi anti-democratici devono essere perseguite. E' questa la sola cosa che conta: fare il saluto romano non è più una semplice espressione delle proprie idee, ma la rappresentazione plastica di una appartenenza. E' spetta alla magistratura stabilire appartenenza a che.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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