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Clima, l’Europa rivede il target 2040: più flessibilità per Stati e imprese

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Clima, l’Europa rivede il target 2040: più flessibilità per Stati e imprese
La Commissione europea si prepara a presentare nel mese di giugno la proposta legislativa per il nuovo target climatico al 2040, delineando una strategia più flessibile rispetto alle indicazioni iniziali. L’obiettivo dichiarato – ridurre del 90% le emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990 – sarà confermato, ma accompagnato da una serie di strumenti che consentano agli Stati membri di adattarsi in base alle proprie condizioni economiche, sociali ed energetiche. La nuova linea guarda alla sostenibilità non solo ambientale ma anche politica e industriale, nel tentativo di rafforzare il consenso attorno alla transizione ecologica.

Clima, l’Europa rivede il target 2040: più flessibilità per Stati e imprese

Uno dei punti centrali della proposta sarà l’introduzione di meccanismi di compensazione internazionale del carbonio. Si tratta di strumenti che permetteranno ai paesi di cooperare tra loro per raggiungere obiettivi condivisi, ad esempio attraverso investimenti congiunti in progetti di riforestazione, tecnologie pulite e rimozione delle emissioni. In questo modo, sarà possibile bilanciare i ritardi di alcuni settori con i progressi di altri, evitando sanzioni automatiche e offrendo alternative più efficaci per mantenere gli impegni europei. L’iniziativa punta a superare la logica punitiva per favorire una cultura della corresponsabilità.

Pressioni da industria e Stati membri

La revisione del target nasce anche da una crescente pressione politica ed economica. Da un lato, molti governi – soprattutto quelli dell’Est e del Sud Europa – hanno segnalato difficoltà nel rispettare gli attuali obiettivi senza compromettere la competitività dei loro settori produttivi. Dall’altro, numerose imprese hanno chiesto maggiori certezze normative e margini di adattamento per poter pianificare gli investimenti verdi. L’idea di una transizione giusta, che tenga conto delle differenze territoriali, è quindi al centro della nuova impostazione. Non si tratta di rallentare, ma di evitare fratture interne.

Obiettivo climatico al 2040: una tappa intermedia verso la neutralità


Il target al 2040 rappresenta una tappa fondamentale nel percorso dell’Unione verso la neutralità climatica prevista per il 2050. Dopo il Green Deal e il pacchetto “Fit for 55”, l’Europa è chiamata a dimostrare che l’ambizione può andare di pari passo con la fattibilità. La proposta della Commissione intende ribadire la leadership dell’Unione nella lotta globale contro i cambiamenti climatici, ma senza alimentare tensioni interne o mettere a rischio la tenuta sociale della transizione. Il compromesso sulla flessibilità appare dunque come uno strumento per rafforzare la coesione e non per indebolire i traguardi.

Il rischio del green backlash

Negli ultimi mesi, diversi segnali hanno indicato una crescente impazienza nei confronti della regolazione ambientale europea. Il cosiddetto green backlash – il ritorno politico contro il peso delle norme ecologiche – si è manifestato in proteste agricole, nella retorica di alcuni governi sovranisti e nelle richieste di revisione da parte delle lobby industriali. La Commissione sembra averne preso atto, cercando un equilibrio tra rigore e realismo. Il piano che sarà presentato a giugno potrebbe rappresentare una svolta strategica: salvare gli obiettivi climatici adattandoli alle nuove condizioni geopolitiche e socioeconomiche.

Lo scenario internazionale e il ruolo della UE

In un mondo dove la Cina accelera sul fotovoltaico e gli Stati Uniti puntano su sussidi verdi grazie all’Inflation Reduction Act, l’Europa deve decidere se essere vincolata dalla rigidità o guidare il cambiamento con una visione più inclusiva. I meccanismi di cooperazione previsti nella proposta potranno anche rafforzare le alleanze internazionali, permettendo investimenti congiunti in tecnologie avanzate e nei paesi in via di sviluppo. La flessibilità, in questa cornice, diventa non una rinuncia ma una leva per estendere l’influenza dell’Europa, trasformando il Green Deal in una piattaforma globale e non solo continentale.
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