L'epicondilite o...gomito del tennista

- di: Alessandro Moccia
 
E' un’infiammazione della regione esterna del gomito caratterizzata dalla presenza di dolore acuto ed intenso a carico dell’inserzione dei tendini estensori dell’avambraccio.
L’epicondilite fu descritta da F. Runge nel 1873 (Zur Genese und Behandlung des Schreibekrampfes). Runge parlò di crampi dello scrittore (Schreibekrampfes), ma fu M. Morris, pochi anni dopo, (Riders sprain; Lancet 1882) che usò, per primo, la locuzione “tennis elbow” (gomito del tennista). Infatti, comunemente questa patologia si definisce anche “gomito del tennista” intendendo sicuramente più la sollecitazione continua che il tennis impone su questa loggia tendinea che la particolare frequenza di questa malattia nei tennisti.
Tuttavia è assai frequente trovarla in persone che svolgono attività quotidiane che richiedono l’uso del polso e della mano (scrivere, stirare, guidare, usare il mouse, massaggiare).
Vi sono molti modi di classificare l’epicondilite. Una delle più usate è quella relativa agli stadi anatomo-patologici della malattia. In base a questa classificazione si distinguono quattro stadi:
Stadio 1: il danno è di tipo infiammatorio. Non sono presenti alterazioni istologicamente interessanti del tendine. In questo stadio si avverte dolore quando si svolgono attività abbastanza intense; la dolenzia scompare totalmente con il riposo e la terapia antinfiammatoria. Questo stadio è completamente reversibile.
Stadio 2: è presente una degenerazione angiofibroblastica del tendine. Il dolore compare anche con attività blandamente intense; non sempre la dolenzia scompare con il riposo; la risposta alla terapia antinfiammatoria non è sempre ottimale.
Stadio 3: si è in presenza di degenerazione patologica e notevole estensione angiofibroblastica. Il dolore è molto intenso, tanto da impedire, molto spesso, lo svolgimento delle normali attività lavorative o sportive.
Stadio 4: sono presenti aree fibrotiche e calcificazioni.
Può colpire chiunque (ma la fascia di età tra i 35 e 45 anni è la più soggetta). Spesso l’attività scatenante non viene inizialmente identificata, per cui il dolore viene il più delle volte trascurato, favorendo una cronicizzazione dell’infiammazione.
Per una corretta diagnosi è sufficiente l’esame obiettivo associato alla palpazione della zona e all’evocazione del dolore attraverso dei test specifici. Tuttavia si può integrare la valutazione attraverso esami diagnostici per immagini, quali ecografia e RMN.
Nella fase iniziale del trattamento sarà opportuno osservare riposo con l’utilizzo di impacchi di ghiaccio da ripetere più volte al giorno, associato ad una terapia farmacologica e fisioterapica; in questo tipo di infiammazione l’intervento di élite è rappresentato dalle onde d’urto ecoguidate (attraverso l’ecografo si riesce a colpire in modo scientifico la zona alterata), che in pochissime sedute riescono a diminuire l’indice di flogosi presente sull’epicondilo. Successivamente le tecniche di terapia manuale, lo stretching e il Taping, possono aiutare ad alleviare il dolore e la rigidità dell’articolazione. Inoltre, il fisioterapista è in grado di mostrare al paziente gli esercizi specifici per mantenere il braccio in movimento e rafforzare i muscoli dell’avambraccio. Nel breve termine, potrebbe essere anche raccomandato l’utilizzo di un bendaggio di supporto o di un tutore, che impediscono i movimenti dolorosi, garantendo il riposo dell’arto e alleviando così i sintomi del gomito del tennista.
Talvolta, per il trattamento di forme particolarmente dolorose si può considerare l’utilizzo di corticosteroidi (infiltrazioni), che possono aiutare a ridurre il dolore, ma come l’evidenza clinica sostiene il loro utilizzo nel lungo termine è inefficace e dannoso.
Infine sarà importante educare il paziente affinché non ripeta movimenti non corretti a carico degli arti superiori onde evitare eventuali recidive.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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