Ilva: a Taranto si sciopera per squarciare la cappa di silenzio

- di: Daniele Minuti
 
C'é un mistero, tra i tanti italiani, che resta lì da decenni, irrisolto e non si capisce il perché.
È l'Ilva di Taranto, un nodo inestricabile di competenze e pertinenze, di richieste e rivendicazioni, di processi, istruttorie e condanne che fa invidia a quello di Gordio. Eppure è un problema che non viene risolto, quasi che nessuno abbia gli strumenti per poterlo fare.

Ex Ilva: sciopero 24 ore a Taranto e sit-in dei lavoratori

Alla gente di Taranto, ai lavoratori dello stabilimento, alle rappresentanze sindacali non resta altro che alzare la voce, nella speranza d'essere ascoltati che qualcuno di quelli che contano. Non parrebbe, però, perché anche oggi, a Taranto, dove è in atto uno sciopero delle maestranze dell'Ilva, la voce dello Stato non s'è sentita. Anzi proprio non si è visto nessuno, forse con la segreta speranza che la protesta si afflosci, per stanchezza o, peggio, per la consapevolezza che il problema resterà ancora per troppo tempo senza soluzione.

Il pacchetto delle rivendicazioni posto alla base della protesta è quello di sempre (mancanza di un piano strategico per rilanciare il settore siderurgico; necessità di mettere chiarezza sull'assetto societario e sulle ricadute industriali ed ambientali; politiche incisive in materia di sicurezza; garanzia dei livelli occupazionali).
Ma, pure se le richieste sono ragionevoli e si pongono obiettivi ''normali'', non sembrano avere la forza necessaria per risalire l'Italia, da Taranto a Roma, e aspettare che il Governo decida. Tenendo conto che il 28 marzo l'azienda ha fatto scattare la cassa integrazione straordinaria (per ristrutturazione) , misura che riguarda tremila lavoratori (2500 solo a Taranto) non è che la situazione possa essere rassicurante.

Basta leggere cosa, in un'intervista, ha detto Michele Di Palma, segretario generale della Fiom Cgil e pugliese di nascita: ''Nel corso di questi anni, impresa da un lato e soggetti istituzionali e Governo dall'altro non hanno mai rispettato quello che hanno concordato e presentato all'opinione pubblica, ai lavoratori e alle lavoratrici. Chi è negli stabilimenti, più che essere rassegnato, è stanco. Sì, perché non c'è mai stata corrispondenza vera tra quanto dichiarato o scritto e i fatti. Ma ai cittadini di Taranto come ai lavoratori non è consentito rassegnarsi''.

Parole che pesano come macigni perché denunciano non tanto una mancanza di atti concreti, quanto la prosecuzione, negli anni, di un atteggiamento volutamente dilatorio, fatto di promesse e strategie che sono rimaste inattuate, lasciando una realtà produttiva ed un territorio ostaggi di tattiche industriali dalle oscure finalità.
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