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Macron nomina Barnier primo primo ministro, cercando una soluzione alla crisi politica

- di: Redazione
 
Macron nomina Barnier primo primo ministro, cercando una soluzione alla crisi politica
Per cercare di uscire dallo stallo della politica francese, dopo le elezioni anticipate e dopo settimane di dura contrapposizione tra partiti e coalizione, ciascuno a rivendicare la propria vittoria, Emmanuel Macron ha deciso di conferire a Michel Barnier l'incarico di primo ministro chiedendogli di formare un governo.
Nell'accettare il mandato, Barnier ha sottolineato la serietà del momento che la Francia sta affrontando, dicendo che "tutte le forze politiche dovranno essere rispettate e ascoltate, e intendo tutte".
Ieri, all'Hotel Matignon, sede del primo ministro, c'è già stato il passaggio di consegne tra l'uscente, Gabriel Attal (in carica per soli otto mesi), e Barnier, mettendo uno accanto all'altro il più giovane premier di sempre con il più anziano. La nomina di Barnier, che ha 73 anni, ha quindi posto fine a settimane di colloqui di Macron con partiti politici e potenziali candidati, ma non certo alle polemiche, già partite all'annuncio del conferimento dell'incarico, che si presenta difficilissimo.

Macron nomina Barnier primo primo ministro, cercando una soluzione alla crisi politica

Perché, almeno guardando alle posizioni attuali dei partiti, a Barnier si chiede di cercare di formare un governo che possa sopravvivere a un'Assemblea nazionale divisa in tre grandi blocchi politici, nessuno dei quali in grado di formare una chiara maggioranza.
Ma Barnier - politico di lungo corso e che, in Europa, ha guidato la difficilissima trattativa per l'uscita della Gran Bretagna dall'Ue - avrà bisogno di tutte le sue capacità politiche per destreggiarsi nelle prossime settimane, con i socialisti hanno già annunciato l'intenzione di contestare la sua nomina all'atto del voto di fiducia.

Le prime dichiarazioni di Barnier sono state improntate ad un ovvio formalismo, non avendo ancora avuto modo di confrontarsi con i partiti, ma dicendosi pronto a rispondere nei prossimi giorni alle "sfide, alla rabbia e al senso di abbandono e di ingiustizia che attraversano le nostre città e le nostre campagne".

Ha anche promesso di dire la verità al popolo francese sulle sfide finanziarie e ambientali che il Paese deve affrontare e di collaborare con "tutti coloro che sono in buona fede" per raggiungere un grande rispetto e unità.
L'indicazione di Barnier è arrivata dopo sessanta giorni dalle elezioni, a conferma della delicatezza della situazione, peraltro sottolineata da Gabriel Attal nel suo discorso di addio, fuori dall'Hôtel Matignon: "La politica francese è malata, ma una cura è possibile, a condizione che tutti accettiamo di allontanarci dal settarismo".

Esponente dei Republicains, eredi del gollismo, Barnier ha una notevole esperienza politica, in Francia così come in Europa, e tre anni fa aveva tentato di sfidare Macron nella corsa all'Eliseo.
Prima di fare cadere la sua scelta su di lui, il presidente ha incontrato diversi potenziali candidati al ruolo di primo ministro, ma il suo compito è stato complicato dalla necessità di trovare un nome che potesse sopravvivere a un cosiddetto voto di censura alla sua prima apparizione all'Assemblea nazionale.

L'Eliseo ha affermato che nominando Barnier, il presidente ha garantito che il primo ministro e il futuro governo offriranno la massima stabilità e la più ampia unità possibili.
A Barnier è stato affidato il compito di formare un governo unificatore "al servizio del Paese e del popolo francese", ha sottolineato la presidenza.
La prima sfida che Barnier dovrà affrontare è già impegnativa, quella dell'approvazione del bilancio per il 2025 e avrà tempo fino al primo ottobre per presentare una bozza di piano all'Assemblea nazionale.
Gabriel Attal ha già lavorato a un bilancio provvisorio durante l'estate, ma per farlo approvare dai parlamentari saranno necessarie tutte le capacità politiche del signor Barnier.

La nomina di Barnier è già stata contestata da Jean-Luc Mélenchon, leader di France Insoumise, il più grande dei quattro partiti che compongono il Nuovo fronte popolare, secondo il quale le elezioni sono state "rubate al popolo francese". Mélenchon ha anche sottolineato come non è stato indicato come primo ministro un esponente dei partiti usciti vincitori dalle elezioni, ma di quello "arrivato ultimo", riferendosi ai repubblicani.
"Questo è ormai essenzialmente un governo Macron-Le Pen", ha affermato Mélenchon, riferendosi al leader del partito di estrema destra Rassemblement National.
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