Cinquant'anni dall'omicidio Ramelli: Meloni, "Tutti devono fare i conti con questa storia"
- di: Bruno Coletta

Era il 13 marzo 1975 quando Sergio Ramelli, diciottenne militante del Fronte della Gioventù, venne aggredito a Milano da un gruppo di estremisti di sinistra armati di chiavi inglesi. Il giovane subì lesioni gravissime e, dopo un’agonia durata 47 giorni, morì il 29 aprile. L’omicidio di Ramelli, che oggi viene commemorato nel cinquantesimo anniversario, rappresenta uno dei momenti più tragici e simbolici della stagione della violenza politica che insanguinò l'Italia negli anni Settanta. All’epoca, l'episodio passò quasi sotto silenzio, oscurato da un clima culturale che tendeva a giustificare o minimizzare la violenza contro gli avversari ideologici.
Cinquant'anni dall'omicidio Ramelli: Meloni, "Tutti devono fare i conti con questa storia"
La premier Giorgia Meloni ha voluto ricordare Ramelli con un messaggio ufficiale, sottolineando che "tutti, a prescindere dalle appartenenze politiche, devono fare i conti con la storia di Sergio". Meloni ha evidenziato come la memoria del giovane ucciso sia un monito contro ogni forma di odio ideologico e una ferita ancora aperta nella storia nazionale. "Non può esserci una memoria selettiva", ha dichiarato, invocando il superamento delle barriere ideologiche nel nome della verità e della riconciliazione.
La Russa: "Senza Ramelli non saremmo al Governo"
Anche il presidente del Senato Ignazio La Russa, da sempre vicino agli ambienti della destra storica, ha ricordato Ramelli in termini fortemente emotivi. "Senza il sacrificio di giovani come Sergio Ramelli, oggi non saremmo al Governo", ha affermato, indicando nella sua figura un simbolo della lunga battaglia per il riconoscimento politico e sociale della destra italiana. La Russa ha partecipato alle commemorazioni ufficiali, sottolineando l’importanza di tramandare la memoria di quegli anni senza reticenze né strumentalizzazioni.
Le commemorazioni: tra memoria e polemiche
Le cerimonie in ricordo di Ramelli si sono svolte ieri a Milano, con la partecipazione di esponenti istituzionali, associazioni studentesche e semplici cittadini. Non sono mancate le polemiche: alcune sigle della sinistra radicale hanno contestato la presenza ufficiale delle autorità, accusando il Governo di voler politicizzare l'anniversario. Le autorità cittadine hanno però ribadito che il ricordo di una vittima della violenza politica deve trascendere le appartenenze e diventare patrimonio comune di tutte le generazioni.
Un simbolo della lotta contro l'odio ideologico
Con il passare degli anni, la figura di Sergio Ramelli è diventata un simbolo trasversale della lotta contro la violenza politica. Non solo nella destra italiana, ma anche in ambiti più ampi, cresce la consapevolezza che la sua morte rappresenta un fallimento collettivo e una lezione di cui il Paese deve fare tesoro. Gli storici sottolineano come l'omicidio Ramelli, insieme ad altri episodi tragici di quegli anni, abbia contribuito a determinare una svolta nella percezione pubblica, rendendo più urgente il ripudio della violenza come strumento di lotta politica.
Il contesto degli anni di piombo: un'Italia lacerata
Il 1975 si inserisce nella fase più cruda degli anni di piombo, quando lo scontro ideologico tra estrema destra ed estrema sinistra sfociava regolarmente in agguati, attentati e omicidi. Ramelli era un ragazzo come tanti, con la passione per la politica e il sogno di un'Italia diversa, rimasto vittima di un odio settario che travalicava ogni forma di umanità. Oggi il suo volto sorridente campeggia sui manifesti delle commemorazioni, accanto al monito: "Mai più odio".
Una memoria difficile ma necessaria
La memoria di Sergio Ramelli rimane un tema difficile da affrontare per l'Italia contemporanea, ancora divisa nei giudizi sul passato. Tuttavia, l'ampia partecipazione alle commemorazioni e le parole pronunciate dalle massime cariche dello Stato indicano una maturazione collettiva. Ricordare Ramelli significa riconoscere le radici profonde della violenza politica e rinnovare l’impegno a costruire una democrazia fondata sul rispetto, sulla tolleranza e sulla ferma condanna di ogni forma di odio ideologico.