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Sanità: nell’ultimo anno 14 milioni di italiani (1 su 3) hanno rinunciato a curarsi

- di: Barbara Leone
 
Sanità: nell’ultimo anno 14 milioni di italiani (1 su 3) hanno rinunciato a curarsi

Nell’ultimo anno 1 italiano su 3, quasi 14 milioni di persone, ha rinunciato a una o più cure mediche, la percentuale sale al 37,5% al Sud e nelle Isole. E’ quanto emerge da un'indagine commissionata da Facile.it agli istituti mUp Research e Norstat. e ragioni? Fra chi ha scelto di non curarsi, il 64% lo ha fatto a causa dei tempi di attesa troppo lunghi, il 60% per via del costo elevato. Tra coloro che hanno rinunciato a esami, visite e operazioni, le frequenza maggiori si sono registrate in ambiti quali oculistica (36%), dermatologia (35,6%) e odontoiatria (35,5%), ma non manca chi ha scelto di non curarsi anche in aree mediche come la ginecologia (25%) o la cardiologia (26%).

Sanità: nell’ultimo anno 14 milioni di italiani (1 su 3) hanno rinunciato a curarsi

Numeri così alti non sorprendono se si considera che, come dimostrato dallo studio, chi nell’ultimo anno si è curato solo attraverso il SSN ha affrontato, in media, liste di attesa di circa 77 giorni, valore influenzato certamente anche dalla scarsità di personale medico nelle strutture pubbliche. Liste d’attesa che tendono ad allungarsi fino a quasi raddoppiare a seconda dell’area geografica e della specializzazione richiesta. Proprio a causa dei tempi così dilatati 14 milioni di italiani hanno dichiarato di essersi rivolti ad una struttura privata; chi ha fatto questa scelta si è dovuto confrontare, in media, con liste di attesa non di 77 giorni bensì di circa 15 giorni.

Come detto, molti italiani (circa 8,3 milioni) hanno rinunciato nell’ultimo anno a una o più cure mediche per ragioni economiche, un dato che non sorprende analizzando i costi della sanità privata messi in luce dall’indagine; chi si è curato in una struttura a pagamento ha detto di aver speso, in media, 335 euro per ciascun approfondimento specialistico (valore che arriva a sfiorare i 400 euro nelle regioni del Centro Italia) e che va moltiplicato per il numero dei componenti della famiglia che hanno dovuto fare ricorso a una o più spese mediche. Gli importi medi pagati dai pazienti sono stati sensibilmente diversi anche a seconda dell’area specialistica: si va dai 117 euro per gli esami del sangue ai 144 euro per la ginecologia; dai 210 euro per la dermatologia ai 610 euro per la chirurgia generale e 716 euro per l’odontoiatria. Per far fronte a questi costi il 77% degli intervistati ha utilizzato i propri risparmi e appena il 20% ha potuto usufruire di un’assicurazione sanitaria; se si continuano a leggere i risultati dell’analisi, si scopre che il 15% del campione ha dovuto chiedere un sostegno economico ai familiari e il 5% si è rivolto ad una banca o una società finanziaria.

Anche se in Italia possiamo contare su un sistema sanitario nazionale gratuito, avere un’assicurazione salute può essere uno strumento di grande utilità soprattutto perché, come evidenziato anche dall’indagine, per ottenere cure in tempi brevi spesso si è costretti a rivolgersi a strutture private - spiega Andrea Ghizzoni, Managing Director assicurazioni di Facile.it -. Il consiglio, quando si è alle prese con la scelta di questo tipo di assicurazione, è di verificare i fascicoli informativi e valutare con attenzione le prestazioni sanitarie garantite e quelle escluse, tenendo in considerazione, ad esempio, che le patologie preesistenti al momento della sottoscrizione normalmente non sono coperte dalla polizza”.

L’indagine ha messo in luce anche un altro fenomeno; nell’ultimo anno oltre 2,4 milioni di persone hanno dovuto cambiare regione per sottoporsi a esami, visite o interventi. Sebbene il fenomeno sia stato rilevato in tutto il Paese, sono le aree del Centro Italia quelle dove la percentuale di chi ha cambiato regione per curarsi è più alta (11,5% rispetto al 7,4% rilevato a livello nazionale). Le regioni verso cui ci si è spostati con più frequenza per ricevere cure sono il Lazio (27%), la Lombardia (19%), l'Emilia-Romagna (15%) e il Veneto (11%).

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