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Osservatorio CPI / Sanità, l’Italia galleggia: né fanalino né modello

- di: Bruno Coletta
 
Osservatorio CPI / Sanità, l’Italia galleggia: né fanalino né modello
L’indagine dell’Osservatorio Conti Pubblici Italiani sull’efficienza dei sistemi sanitari OCSE fotografa un’Italia a metà classifica: meglio di Germania e Belgio, ma frenata da pochi incentivi e assistenza territoriale debole.
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Un’analisi di sistema firmata Osservatorio CPI
È un confronto ad alto tasso di complessità quello sull’efficienza sanitaria nei Paesi OCSE, ma i contorni diventano più nitidi grazie all’analisi condotta da Enrico Franzetti e Gilberto Turati per l’Osservatorio Conti Pubblici Italiani (CPI), diretto da Giampaolo Galli. Il lavoro prende le mosse da un recente rapporto OCSE e mira a leggere la sanità europea e mondiale non per spesa assoluta, ma per qualità dei risultati ottenuti in rapporto agli investimenti.
Come affermano Franzetti e Turati, la sanità è una voce sempre più gravata da vincoli di bilancio e il quesito chiave diventa: quanto sono efficienti i vari sistemi nel trasformare le risorse in salute?
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Otto modelli di sanità, nessuno imbattibile
L’indagine dell’Osservatorio CPI parte dalla classificazione dei sistemi sanitari in otto gruppi, a seconda della combinazione tra pubblico e privato, libertà di scelta, ruolo del “gate-keeping” e diffusione delle assicurazioni integrative. L’efficienza viene misurata confrontando la spesa sanitaria (input) con il tasso di mortalità standardizzato (outcome). Ne esce un panorama eterogeneo, dove non esiste un modello universalmente vincente.
Come puntualizzano Franzetti e Turati, i Paesi ad alta efficienza sono distribuiti in tutti i cluster, a dimostrazione che contano anche fattori esterni, come il livello di istruzione e le disuguaglianze sociali. Il gruppo più efficiente, in media, è quello di Australia, Belgio, Canada e Francia, grazie all’equilibrio tra copertura pubblica, assicurazioni private secondarie e gate-keeping. Ma le differenze con altri modelli non sono statisticamente significative.
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Italia: buona tenuta, ma sempre in affanno
Il caso italiano, evidenzia l’indagine dell’Osservatorio CPI, è emblematico: il nostro sistema appartiene al gruppo degli “statali regolati”, con libertà di scelta e un forte ruolo del medico di base nel controllo dell’accesso alle cure specialistiche. Un assetto che, come ricordano Franzetti e Turati, consente buone prestazioni a fronte di una spesa relativamente contenuta.
L’Italia si colloca appena sotto la media OCSE (0,59 contro 0,61), ma fa meglio di Germania, Belgio e Portogallo. Tuttavia, anche all’interno del proprio cluster, il nostro Paese supera solo Slovenia e Polonia. Quando però si considerano anche i posti letto e il personale sanitario, l’efficienza italiana risale: fino a 0,80 con i posti letto e 0,74 con il personale, a dimostrazione di una certa resilienza strutturale.
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Cosa frena davvero il nostro sistema
Il report dell’Osservatorio CPI sottolinea però i limiti strutturali che da anni zavorrano la nostra sanità. Primo tra tutti, la carenza di incentivi finanziari alla performance. Il cosiddetto “pay-for-performance” è ancora marginale, nonostante sia fondamentale per la prevenzione e la gestione delle cronicità.
Inoltre, come evidenziano Franzetti e Turati, pesa la fragilità dell’assistenza territoriale: solo il 2,3% della spesa sanitaria è destinata ad assicurazioni private (penultima tra i Paesi OCSE), e la fornitura privata di cure ambulatoriali è praticamente assente. Il risultato è una sanità ancora troppo ospedalocentrica, che fatica a garantire continuità di cura sul territorio.
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Dove brilliamo: prevenzione e pochi ricoveri evitabili
Tra le luci, però, il rapporto segnala risultati eccellenti su due fronti: la bassa mortalità evitabile (52,4 decessi ogni 100.000 abitanti, contro una media OCSE di 78) e le ospedalizzazioni evitabili (183 contro 334 ogni 100.000 abitanti). Dati che suggeriscono una buona capacità del sistema di prevenire e intercettare le patologie prima che diventino gravi.
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Uno scivolamento relativo, ma non irreversibile
Rispetto al 2010, l’Italia ha perso posizioni in termini di efficienza, ma non per peggioramento delle sue performance, bensì perché altri Paesi sono migliorati di più. Franzetti e Turati ricordano che nel decennio pre-Covid si sono ridotti sia la spesa sanitaria in rapporto al PIL, sia il tasso di mortalità: un segnale di maggiore efficienza, almeno sulla carta.
La strada, quindi, è tracciata. Come puntualizza il report, molto dipenderà dall’attuazione concreta del PNRR, in particolare dalla riuscita delle Case della Comunità e del rilancio dell’assistenza di prossimità. Un’occasione storica, che l’Italia non può permettersi di sprecare.
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La media non basta più
L’Italia ha una sanità che funziona, ma non basta. Per evitare che la “posizione intermedia” diventi cronicamente marginale, servono scelte radicali su incentivi, governance e integrazione tra ospedale e territorio. Lo dice con chiarezza l’indagine dell’Osservatorio CPI: galleggiare non è una strategia.

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