Ada ha 44 anni, vive in Campania, è malata di Sla. Qualche giorno fa ha scritto un appello: chiedeva di poter scegliere come morire, di poterlo fare nel rispetto della legge e senza dolore. Ieri è arrivata la risposta dell’Asl: dopo la verifica delle sue condizioni di salute, la commissione medica ha stabilito che Ada ha tutti i requisiti previsti per l’aiuto alla morte volontaria.
Ada, la donna con la Sla che chiede il fine vita: “Ha i requisiti”. L’Asl: potrà decidere quando vorrà
Significa che – quando e se lo vorrà – potrà accedere al percorso che le consentirà di decidere autonomamente il momento della fine, con la somministrazione del farmaco individuato dai medici. Non una sentenza, ma il riconoscimento di un diritto. La comunicazione ufficiale è stata notificata ai suoi legali ieri sera.
L’Associazione Luca Coscioni, che da anni accompagna le persone che chiedono di poter esercitare il diritto al fine vita, ha definito la decisione «un passaggio fondamentale, un atto che riconosce ad Ada la libertà di scelta e garantisce il rispetto della Costituzione e delle pronunce della Corte costituzionale».
Un appello pubblico
La voce di Ada era arrivata qualche giorno fa attraverso una lettera aperta. Non urlata, piuttosto un’invocazione.
Raccontava la fatica quotidiana di vivere in un corpo che non risponde più, il dolore, la stanchezza. Chiedeva che lo Stato ascoltasse la sua richiesta e che le fosse riconosciuto il diritto di “non essere costretta a sopravvivere”.
È una voce che si aggiunge a quelle di tanti altri che, in questi anni, hanno lottato per il diritto all’autodeterminazione nel momento più estremo. Tra loro c’è il ricordo di Dj Fabo, la cui vicenda portò la Corte costituzionale, con la storica sentenza Cappato del 2019, a riconoscere la legittimità dell’aiuto al suicidio assistito in determinate condizioni.
La decisione dell’Asl
Nel caso di Ada, l’Asl ha applicato i criteri stabiliti dalla Consulta:
– La persona deve essere affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili.
– Deve essere pienamente capace di intendere e volere.
– Deve essere dipendente da trattamenti di sostegno vitale.
La commissione medica, dopo la valutazione, ha confermato che Ada rientra in questi parametri. Ora si aprirà la fase successiva: la definizione del farmaco e delle modalità di autosomministrazione. Sarà Ada, come prevede la legge, a compiere l’ultimo gesto, nel momento che sceglierà.
Una questione di dignità
«Quando e se lo vorrà potrà procedere», si legge nella nota dell’Associazione Luca Coscioni. Non c’è obbligo, c’è la possibilità. È una distinzione che pesa, perché dice che la scelta resta saldamente nelle mani di chi soffre.
Per l’associazione, la decisione dell’Asl rappresenta «un passo avanti nella tutela della dignità e della libertà della persona, in un Paese dove il Parlamento continua a non legiferare sul tema, lasciando ai giudici e alle Asl il compito di applicare le pronunce costituzionali».
Un vuoto legislativo
La questione del fine vita in Italia resta segnata da un vuoto normativo. La sentenza della Consulta ha indicato una strada, ma il Parlamento non l’ha ancora tradotta in legge. Così ogni caso diventa un percorso a sé, fatto di ricorsi, attese, battaglie legali.
In questo scenario, la storia di Ada non è solo personale ma politica. Parla di un diritto che esiste ma che deve essere ogni volta conquistato, di una libertà che non è ancora pienamente garantita.
La forza di una scelta
La notizia che Ada potrà accedere al percorso di aiuto alla morte volontaria non è un epilogo ma l’inizio di un tempo nuovo, fatto di possibilità.
Forse non lo sceglierà subito, forse non lo farà mai. Ma sapere di poter decidere, di avere davanti a sé un’alternativa, può cambiare il senso stesso del vivere gli ultimi giorni.
La vicenda di Ada è la storia di una donna, ma anche quella di un Paese che lentamente, a volte con resistenza e timore, prova a confrontarsi con il tema più difficile: la libertà di dire basta.